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Abusi edilizi ante 1967: servono prove certe e rigorose per dimostrare lo stato legittimo

Se si prova in maniera certa, con apposita documentazione, che le opere edilizie sono state realizzate in epoca antecedente al 1° settembre 1967 fuori dal perimetro del centro urbano, le stesse devono essere ritenute legittime anche in assenza di un titolo abilitativo e quindi l'eventuale demolizione è da annullare. Le prove sono a carico del privato che può ribaltare l'onere sul comune in caso di documentazione veritiera e affidabile.

Quali documenti e quali prove servono per dimostrare che un'opera edilizia risale a prima del 1° settembre 1967 e che quindi, fuori dai centri urbani, non era assogettata alla richiesta e al rilascio del permesso di costruire per essere realizzata, con conseguente illegittimità dell'ordine di demolizione comunale?

In altre parole: in caso di contestazioni e presunti abusi edilizi, cioè realizzazione - anche di case - prima del 1° settembre 1967 senza permesso di costruire fuori dai centri urbani, è possibile evitare di incorrere in sanzioni se si riesce a provare la risalenza del manufatto in data antecedente a quella indicata?

 

Quali prove servono per dimostrare lo stato legittimo?

E' una domanda molto ricorrente, che trova risposte non tanto nella Legge Ponte (761/1967) quanto negli svariati precedenti giurisprudenziali che si sono succedeuti negli anni: sappiamo che in presenza di prove certe e rigorose, il comune è tenuto a valutare la preesistenza dell'abuso edilizio - perché realizzato senza permesso - per capire se la semplice risalenza nel tempo dimostri lo stato legittimo dell'opera.

Queste prove possono essere svariate: aerofotogrammetrie, foto, risultanze catastali e altro che possano fondatamente e rigorosamente collocare l'opera al periodo precedente la Legge Ponte.

Nella sentenza 2471/2024 del Tar Salerno, ad esempio, l'onere della prova non viene soddisfatto, nonostante il ricorrente fornisca alcuni documenti a corredo della sua tesi. Vediamo, quindi, perché tali prove non bastano.

 

Il caso: lavori sulla casa abusiva senza permesso di costruire

Si dibatte sull'ordinanza di demolizione impartita da un comune e riguardante dei lavori edilizi realizzati su un edificio per civile abitazione.

Dopo aver effettuato due sopralluoghi unitamente a personale del Comando di Polizia Municipale, il tecnico comunale ha redatto una relazione dalla quale risulta che, sul predetto fondo, sarebbero stati realizzati, in assenza di titolo edilizio, “un corpo di fabbrica con struttura portante in blocchi di cemento precompresso a forma poligonale, occupante una superficie totale lorda di mq. 65,77, suddivisa in due corpi con copertura a due falde contrapposte tra di loro”, nonché un porticato con pareti e copertura in lamiera zincata, che funge da accesso al locale forno (più che di un porticato, si tratta di una mera tettoia protettiva).

Il Responsabile dell’U.T.C. ha quindi comunicato al proprietario dell'abuso, ai sensi dell’art. 10 bis L. n. 241/1990, la conclusione delle operazioni tecniche in campo, dando atto di non aver rinvenuto atti o licenze che dimostrino la liceità degli immobili di cui innanzi e concedendole 30 giorni per presentare memorie scritte e documenti, soprattutto al fine di provare la preesistenza delle opere alla data dell’1.9.1967.

 

Stato legittimo: quando le prove non bastano

La ricorrente sostiene di aver presentato alcune prove della risalenza dell'opera edlizia a prima del 1° settembre 1967: nello specifico, autorizzazione edilizia del 1994, aerofotogrammetria del 1986, copia dell'accatastamento dove si dichiarava che il locale deposito era stato costruito in periodo ben antecedente all’anno 1942, alcune fotografie e due dichiarazioni sostitutive di fatto notorio.

Il comune, non ritenndole sufficienti, ordinava la demolizione. Si arrivava così al TAR.

 

Opere edilizie prima del 1967, quali prove? Ok alle dichiarazioni sostitutive e alle mappe catastali

L'onere di provare la data di realizzazione (e la consistenza dell'immobile abusivo) spetta a colui che ha commesso l'abuso, mentre solo la deduzione da parte di quest'ultimo di concreti elementi di riscontro trasferisce il suddetto onere di prova contraria in capo all'amministrazione pubblica.


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Opere edilizie ante 1967: le prove ricadono sul privato

Secondo i giudici amministrativi, non trova alcun effettivo riscontro documentale l'affermazione di parte ricorrente secondo cui le opere edilizie oggetto dell'ingiunzione demolitoria sarebbero state realizzate in epoca antecedente al 1967 e, dunque, non avrebbero necessitato del previo rilascio del titolo abilitativo.

Si parte dalla considerazione 'primigenea', cioè il principio di vicinanza della prova: secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, “va posto in capo al proprietario (o al responsabile dell’abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto, collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla c.d. legge ponte n. 761 del 1967 che con l’art. 10, novellando l’art. 31, l. n. 1150 del 1942, ha esteso l’obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano; tale conclusione vale non solo per l’ipotesi in cui si chiede di fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche - in generale - per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione, appunto, di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi; tale criterio di riparto dell’onere probatorio tra privato e amministrazione discende dall’applicazione alla specifica materia della repressione degli abusi edilizi del principio di vicinanza della prova poiché solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio” (Consiglio di Stato, Sez. II, 26 gennaio 2024, n. 858).

 

Abusi edilizi ante 1967: come valutare le mappe catastali

In questo caso, secondo il TAR, la ricorrente attraverso le proprie produzioni documentali non ha tuttavia assolto a tale 'onus probandi'.

La ricorrente ha attribuito una valenza decisiva alla mappa IGM 1955 apponendovi una postilla e una “freccia in tratto di colore rosso” che, a suo dire, avrebbero disvelato l’ubicazione del manufatto, provando il requisito della preesistenza ante 1967.

Tuttavia, come rimarcato dal Comune resistente, il confronto con la mappa IGM 1986 ha confermato che, nel 1955, il manufatto in contestazione non esisteva.

Tra l'altro, è emerso che, prima del 2010 non esistono atti e/o denunce catastali comprovanti l'esistenza non solo del manufatto in questione, ma anche dell'edificio principale ad uso residenziale - non interessato dal presente giudizio - di cui costituisce diretta pertinenza.

 

E le fotografie?

Anche i rilevi fotografici allegati dalla ricorrente sono irrilevanti, essendo decontestualizzati sotto il profilo sia spaziale, che temporale, perlopiù recanti datazioni, attribuite dalla stessa ricorrente agli anni 1973, 1974, 1976, 1977, 1989 comunque successive a quella di interesse, come condivisibilmente rilevato dalla Pubblica Amministrazione.

 

L'autorizzazione edilizia del 1994

Per quanto riguarda, infine, l'autorizzazione edilizia sindacale rilasciata alla dante causa della ricorrente in data 26 maggio 1994 per la ristrutturazione di un tetto di copertura ai sensi dell’art. 48 della legge 5 agosto 1978 n. 457, in quanto risalente all’anno 1994, singolarmente considerato il titolo non è ovviamente idoneo a dimostrare il requisito dell’antecedenza al primo settembre 1967.

In definitiva, in quanto risalente al 1994, singolarmente considerato, il titolo non è idoneo a dimostrare il requisito dell’antecedenza al primo settembre 1967.

 

Edifici ante 1967: le prove sulla datazione delle opere sono a carico del privato

L'onere della prova dell'epoca di ultimazione di opere edilizie, allo scopo di dimostrare che esse rientrino fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis e quindi realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato.


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Stato legittimo: ecco cosa sarebbe servito

Per questo motivo, il solo “titolo” intervenuto ex post il limite del primo settembre 1967 comunque non sarebbe è sufficiente ai fini della comprova dello “stato legittimo”, dovendosi necessariamente compendiarsi con altri elementi probatori (informazioni catastali di primo impianto; riprese fotografiche; estratti cartografici; documenti d'archivio; altro atto pubblico o privato).

 

Il ribaltamento della prova sul comune

Ricordiamo infine che, se il proprietario o esecutore dell'abuso edilizio fornisce prove sufficienti per dimostrare che l'opera risale a prima del 1967 e quindi non necessitava di alcun titolo abilitativo, spetta al comune fornire elementi di prova contraria in mancanza dei quali l'ordinanza di demolizione deve essere annullata per difetto di istruttoria.

In questo caso, però, il comune ha 'contro-battuto' immediatamente a ogni prova presentata dal privato, dimostrando che la documentazione a corredo non era sufficiente a stabilire con certezza la preesistenza delle opere al 1° settembre 1967. Per questo, la demolizione è inevitabile.


LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO

Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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