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“LAVORARE NON È MORIRE”: 5 punti per promuovere una politica più efficace della sicurezza sul lavoro e ridurre gli infortuni

Come rendere i luoghi di lavoro "concretamente" più sicuri? Se lo sono chiesto gli ingegneri dell'Ordine della provincia di Parma, che hanno prodotto una proposta in 5 punti concreti, fattivi e percorribili con l’indicazione chiara, di “azioni” da compiere. Scopriamoli insieme.

Ci siamo domandati se noi, come ingegneri, investiti di vari ruoli sicuristici (ad esempio: RSPP, CSP-CSE,…), e profondamente inseriti nel tessuto sociale (ad esempio come imprenditori, Datori di Lavoro, RUP nelle Pubbliche Amministrazioni, …), potevamo avere un punto di vista diverso e interessante rispetto:

  • alla politica
  • agli organismi di controllo,
  • alle associazioni di categoria,
  • ai sindacati,
  • alle lobby,
  • ….

Constatando che difficilmente il nostro punto di vista, tanto più se di tipo operativo/applicativo, viene chiesto e/o considerato nei tavoli «che contano», forse a causa di tanti «filtri» per arrivarvi.

Spesso le soluzioni che vengono proposte, spesso solo come “slogan”, che puntualmente sentiamo in televisione o nei media dopo il verificarsi di ogni infortunio sul lavoro, riguardano per lo più la promessa di maggiori controlli, l’esigenza di assumere un maggior numero di ispettori, l’inasprimento delle sanzioni previste dalle leggi, l’auspicare nuove leggi più stringenti.

Per quanto le iniziative proposte sopra elencate, contengano l’intenzione di migliorare la condizione della salute e sicurezza sul lavoro, nessuno entra mai nel merito delle reali difficoltà operative ad ottemperare quanto richiesto dalle leggi esistenti (già definibili di tipo “punitivo-sanzionatorio”), e se queste non siano da aggiornare alla luce di una semplificazione e di una chiarezza, a nostro avviso più che necessarie.

Pur partendo dalla “santità di un principio guida” ( ad esempio : “il lavoro deve essere sicuro”; “gli infortuni sul lavoro devono ridursi”), se non ci si immerge in una concretezza operativa, così da capire i limiti e le difficoltà pratiche di ogni giorno, difficilmente si potrà cambiare la situazione.

Il fenomeno degli infortuni sul lavoro è drammaticamente in aumento e sembra che, nonostante le politiche in materia degli ultimi 30 anni, nulla riesca ad invertire questa tendenza.

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Come ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel messaggio inviato alla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali M.E. Calderone il 12/09/2023, <Lavorare non è morire. I morti di queste settimane ci dicono che quello che stiamo facendo non è abbastanza>, occorre che ognuno, lavoratori, datori di lavoro, committenti, tecnici della sicurezza, professionisti e organi competenti, giochi la propria parte e si impegni concretamente in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro.

In questo contesto, la Commissione Sicurezza dell’Ordine Ingegneri di Parma ha elaborato una proposta in 5 punti, concreti, fattivi e percorribili, dando un proprio contributo con l'intento di suggerire come migliorare l’efficacia di quanto ad oggi già previsto dal legislatore attraverso l’indicazione chiara, di “azioni” da compiere (sia dal punto di vista di integrazioni/modifiche alla legislazione, che indicando modalità e prassi operative rivolte ai diversi attori).

Si è cercato altresì di sottolineare la necessità di una crescita della cultura della sicurezza nella società individuando modalità per sensibilizzare l’opinione pubblica. E’ necessario, urgente, pressante che queste morti sul lavori e questi infortuni, scendano per numero e per gravità e non vengano recepiti dalle persone con indifferenza come se ormai, per abitudine, fossero notizie di poco conto.

Gli aspetti della sicurezza sul lavoro sono rivolti a tutelare i cittadini ed è necessario favorire sempre di più un processo culturale che ribadisca come principio indiscutibile la dignità del lavoro, che è l’essenza fondante della nostra comunità.

Si può morire per infortuni sul lavoro ma si può morire anche nell’animo; accade quando non si abbraccia il risvolto umanizzante dell’etica che impone a ognuno di noi di esercitare il nostro ruolo, prima di tutto come cittadini, con impegno e dedizione.

I cinque punti, che sotto verranno descritti negli aspetti principali, sono stati presentati dalla scrivente durante un incontro sul tema degli infortuni sul lavoro dal titolo: <Ho visto e non ho più dimenticato>, organizzato dall’Ordine Ingegneri di Parma, venerdì 17 maggio 2024 presso il Centro Servizi Edili di Parma.

   

5 punti per migliorare la Sicurezza sul Lavoro

1) LA VALUTAZIONE DEI RISCHI - che sia reale, approfondita e partecipativa

Spesso la valutazione dei rischi è molto superficiale, carente di diversi passaggi e valutazioni, ridondante, affidata totalmente a dei software.

  • Reale. La Valutazione dei Rischi (sia essa Aziendale o Cantieri) deve essere reale (cucita sulla realtà aziendale o di cantiere) e approfondita (entrare nel merito di tutte le modalità di lavoro e di come si svolgono). Deve essere effettuata solo da persone realmente preparate e con esperienza (sicuristi ed esperti).

Perché vi sia efficacia la Valutazione dei Rischi deve anche essere:

  • Partecipativa. Cioè con il reale coinvolgimento e la partecipazione motivata, delle maestranze, dei preposti e dei lavorati e dirigenti, che ricoprono i più diversi ruoli. (ad esempio in una azienda escludere dalla partecipazione “l’Ufficio acquisti”, significa escludere chi farà i contratti ai fornitori e ai subappaltatori; chi acquisterà i DPI aziendali, …). .
  • Standardizzata. Si deve favorire l’utilizzo di tabelle, parametri, casistiche, …, reali sulla tematica e provenienti da banche dati ufficiali. Così da avere un metodo e una consolidata e uniforme modalità esecutiva. Senza improvvisare quindi. .

Per Valutazione dei Rischi Sono si devono intendere ricompresi sia i Documenti di Valutazione del Rischio Aziendale che gli altri Documenti della Sicurezza Cantieri (POS, PSC, PIMUS, DUVRI,…).

NOTA - Troppo spesso ci si affida a documenti generici, spesso redatti appoggiandosi esclusivamente alla banca dati generica di software “dedicati” da parte soggetti poco esperti, che non entrano realmente e dettagliatamente nel merito dell’analisi dei rischi delle attività. Il risultato è che tali documenti risultano “illeggibili” perdono di valore e vengono considerati “oggetti” obbligatori da tenere a disposizione in caso di controlli.

  • Approfondita. Attraverso controlli di procedure e metodi di lavoro, da parte dei sicuristi/esperti, con il coinvolgimento delle maestranze e che comprenda anche l’analisi del reale comportamento del lavoratore.
    Approfondita
    . Attraverso la sensibilizzazione sui rischi specifici, legati a particolari lavorazioni e sull’importanza che tutte le modalità di allarme siano attivate e funzionanti (esempio: cadute dall’alto di materiale durante il tiro e calo con la gru, ribaltamento mezzi di cantiere in prossimità del ciglio dello scavo, arresto PLE se i DPI non sono correttamente indossati, ecc….)
    Approfondita
    . Mettendo in atto una seria HSE INDUCTION prima di entrare in cantiere e/o in azienda, indipendentemente dalle dimensioni degli stessi.

    

2) UN NUOVO PARADIGMA FORMATIVO

Serve un “nuovo paradigma formativo”, per cambiare l’approccio con cui si fa la formazione ai lavoratori e a tutti i soggetti coinvolti in ambito sicurezza.

La formazione deve essere percepita come un “DONO” (il diritto alla Salute), e non come un “OBBLIGO”, con momenti di pratica e una interattività coinvolgente.

  • Cambiare l’approccio con cui si eroga la formazione ai lavoratori, ai dirigenti della prevenzione e ai preposti, (ma suggeriremmo anche ai Datori di Lavoro e ai Tecnici della Sicurezza).
    Ridurre, almeno per i lavoratori, la parte puramente legislativa, che risulta essere noiosa, inefficace e troppo complessa da comprendere per delle maestranze, implementando la parte ove si entra nel merito di conoscenze tecniche e comportamentali.
    Lezioni interattive, operative, non solo frontali ma anche in luoghi ove si possano svolgere esercitazioni, games,.., e con docenti realmente esperti della materia (non può essere sufficiente aver frequentato un corso di “Formazione formatori” e/o avere una esperienza poco calzante con l’operatività del lavoro). Sicuramente la “formazione” è un grande business dove per tanti, meno si spende e più si guadagna, ne è il mantra. Si dovrebbero allora operare molti controlli ( anche di tipo autorizzativo) nei confronti della miriade di enti di formazione esistenti, sulla qualità della formazione erogata, i materiali, i docenti utilizzati,…, così da far emergere gli enti seri e validi (possibilmente osteggiando gli altri). Sarebbe necessario calmierare i compensi minimi dei docenti e i costi minimi dei corsi; a volte il libero mercato può portare a soggetti sottopagati e scarsa qualità di quanto erogato dove, alla fine, quello che conta e che si paga è “un pezzo di carta”.
  • Tutti i lavoratori dovrebbero fare dei corsi professionalizzanti e dei tirocini lavorativi che qualifichino anticipatamente l’attività che possono svolgere.
    La qualifica lavorativa dovrebbe essere gestita da enti di riferimento che garantiscano la serietà ed efficacia della preparazione ricevuta.
    Suggeriamo sia indispensabile avere questa qualifica lavorativa prima di richiedere (e ottenere) l’iscrizione alla Camera di Commercio come Lavoratori Autonomi.

    Spesso il tecnico sicurista, nell’eseguire controlli, in particolare nella cantieristica, non è in grado di capire se un lavoratore ha le concrete qualifiche professionali per svolgere il lavoro che sta facendo.
  • Almeno nella cantieristica, i lavoratori dovrebbero parlare e capire sufficientemente l’italiano (ad esempio avere un “patentino” che attesti il livello minimo richiesto di conoscenza della lingua e che potrebbe cambiare in base al ruolo lavorativo).
    Una legislazione, forse troppo tutelante e poco concreta, chiede che la formazione sia compresa nella lingua del lavoratore. Ormai nei luoghi di lavoro sono spesso contemporaneamente presenti etnie diverse, che lavorano insieme. Se non si parla tutti la stessa lingua come ci si può comprendere in caso di emergenza? Come ci si può comprendere fra lavoratori di etnie/lingue diverse mentre si lavora insieme in squadra? Poi, se il sicurista deve dare indicazioni, spiegazioni di modalità operative, prevedere simulazioni di emergenza,…, come può fare? E se parla esclusivamente l’italiano? E’ indispensabile parlare (e leggere) tutti la stessa lingua che, in Italia, può essere solo l’italiano (chi con una base minima, chi in modo più evoluto).
  • Creare una forte Cultura della Sicurezza che coinvolga tutti i cittadini attraverso “Progetti di formazione culturale in tema di sicurezza generale e sul lavoro e di legalità “già a partire dall’età scolare. Ad esempio l’iniziativa CNI GdL Sicurezza G.T.T.1 “La sicurezza a partire dai banchi di scuola”; Suggeriamo di prevedere corsi di primo soccorso ed emergenza, già dalla età scolare dell’obbligo, proseguendo con le scuole superiori e le università, da intendersi come “dovere civile”, da erogare a tutta la popolazione.
    Così che in azienda o in cantiere la nomina delle squadre di primo soccorso e di emergenza, sia in relazione all’efficacia e all’opportunità (non in base a chi ha fatto il corso); mentre nella società chiunque possa avere quelle minime nozioni per poter intervenire in caso di bisogno. .
    (Nota: il mancato soccorso o l’errato soccorso possono avere effetti terribili in caso di infortunio; non saper fare la chiamata di emergenza può rallentare l’arrivo dei soccorsi, perdendo tempo prezioso).

  

3) LEGGI CHE SIANO ANCHE PREMIANTI

Spesso le nostre leggi, nella pratica, lasciano aperti numerosi dubbi interpretativi. Si vorrebbero leggi più tecniche e chiare, di concreta e chiara applicazione.

Le leggi sulla sicurezza dovrebbero avere anche dei meccanismi premianti per aziende e lavoratori (non solo punitivi) e dovrebbero essere accompagnate da: prassi/linee guida/decreti, realmente operativi e chiari nell’applicazione. Non solo principi di ampio respiro, di fatto poco applicabili.

  • Le leggi attuali in materia di sicurezza, in particolare il D.L.vo 81/08, risultano avere una impostazione punitivo/sanzionatoria. Spesso i soggetti che cercano di ottemperare i diversi obblighi hanno una sensazione di inadeguatezza e un approccio di rassegnazione. Chi si impegna, investendo tempo e denaro, ha spesso la sensazione che potrà essere sempre comunque sanzionato “per qualcosa”; non si riescono a colpire in modo efficace “i furbi”, che quindi diventano sempre di più.
  • Le leggi sulla sicurezza dovrebbero avere anche dei meccanismi premianti (sia per le aziende che per i lavoratori diligenti) e dovrebbero essere accompagnate da: prassi/linee guida/decreti, …, realmente operativi e chiari nell’applicazione (un esempio pratico: - Lavori in spazi confinati: obbligo di misuratori dei più comuni gas tossici (che causano incidenti mortali), che generino allarme e chiamate di soccorso). Questo accade già in altre nazioni estere.

  

4) CREAZIONE DI UNA BANCA DATI

Informazioni sicure e meno tempo da impegnare in controlli documentali. I documenti da chiedere e controllare sono molti; questo comporta un dispendio di tempo ed energia su dati noti, conosciuti e disponibili nei diversi enti. E’ necessario un coordinamento di queste informazioni.

  • Creazione di una piattaforma/banca dati, dove si possa risalire alla storia “ sicuristica” di ogni azienda, lavoratore e lavoratore autonomo (lavorativa, formativa, infortunistica, …), da estendersi anche ai soggetti che si occupano di sicurezza (ad es. RSPP, CSP, CSE,..) ed anche ai Datori di Lavoro/Lavoratori Autonomi. Si semplificherebbe l’attività di controllo dei tecnici della sicurezza (nonché nella cantieristica dei Committenti/Responsabili dei Lavori) e per le aziende, si ridurrebbero i tempi di preparazione e consegna/controllo di svariati documenti. 
  • Per i tecnici della sicurezza dovrebbe essere istituito un Registro nazionale o almeno una “Certificazione della formazione, delle competenze e delle esperienze” (ad esempio per gli ingegneri con CERTing, o tramite enti di certificazione di riferimento) così che, in banca dati, si possano individuare più facilmente le caratteristiche, la reale esperienza e gli ambiti di ognuno. Inutile sottolineare che anche tra i sicuristi ci sono soggetti più o meno preparati ed esperti.

  

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Si ringrazia l'Ordine degli Ingegneri di Parma per la gentile collaborazione

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La "Sicurezza sul Lavoro" comprende tutte le misure, le procedure e le normative destinate a proteggere la salute e l'integrità fisica e psicologica dei lavoratori durante l'esercizio delle loro attività professionali. La sicurezza sul lavoro è regolamentata dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 noto anche come Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (TUSL).

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