25 anni di INGV: traguardi, sfide e futuro dell'Istituto. Intervista esclusiva al presidente Carlo Doglioni
L’INGV ha celebrato 25 anni di vita, sempre con l’obiettivo di monitorare, comprendere e prevenire i rischi naturali, promuovendo conoscenze cruciali per la sicurezza e lo sviluppo del Paese. Guardando al futuro, l’istituto punta su progetti innovativi come l’Earth Telescope, l’integrazione tra ricerca e università, e la sensibilizzazione dei cittadini verso una consapevolezza più profonda del nostro rapporto con la Terra. In questa intervista esclusiva, il Presidente Carlo Doglioni ne ripercorre le attività principali.
L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), istituito nel 1999, ha recentemente celebrato 25 anni di attività come ente di ricerca e componente del sistema nazionale di Protezione Civile, in prima linea nel monitoraggio e nella risposta a terremoti, maremoti e eruzioni vulcaniche.
Con una rete capillare di strumenti e personale altamente qualificato, l’INGV ha sviluppato ricerche all’avanguardia, promuovendo la divulgazione scientifica e avvicinando i cittadini alla comprensione del nostro Pianeta. Grazie a un impegno costante e all’innovazione tecnologica, è diventato il più grande istituto di ricerca europeo nel settore delle Geoscienze. Ha conquistato fiducia sia nella comunità scientifica che tra i cittadini. Le celebrazioni per i 25 anni di vita dell'INGV sono già partite, ma proseguiranno con una serie di eventi previsti anche nel 2025.
Per capire meglio come funziona e di cosa si occupa l'INGV abbiamo rivolto al suo presidente Carlo Doglioni una serie di domande.
INGV celebra i suoi 25 anni: quali sono, secondo lei, i principali traguardi raggiunti dall'istituto in questo quarto di secolo? Può raccontarci come e perché è nato l’INGV e quale era la sua missione iniziale?
Carlo Doglioni:
25 anni dalla sua fondazione, apparentemente solo l’età adulta, ma l’INGV ha radici che partono dal 1800 con i primi osservatori vulcanologici mondiali, sull’Etna e sul Vesuvio, la fondazione dell’Osservatorio Vesuviano nel 1841, l’istituzione dell’Istituto Nazionale di Geofisica per volontà di Guglielmo Marconi nel 1936, oltre a vari altri importanti istituti del CNR di Milano, Palermo e Catania, coagulatisi nell’attuale istituto a costituire il più importante ente pubblico di ricerca europeo nel campo delle geoscienze.
Nel 1999, grazie alla lungimiranza di Franco Barberi, Enzo Boschi e Ortensio Zecchino, si realizzò la fusione degli enti che ora sono l’ossatura dell’INGV, con la legge 381/1999. Forse una fusione incompleta, visto che alcuni enti non vollero aderire a questo ambizioso progetto che ha poi avuto il successo atteso. L’INGV è un albero che fortunatamente continua a crescere.
In questi 25 anni l’INGV si è sviluppato molto. La forza dell’INGV è nel suo personale altamente qualificato e motivato a lavorare nell’interesse della scienza, ma molto anche nella determinazione e consapevolezza di essere un elemento portante del sistema nazionale di protezione civile.
La nuova carta della sismicità in Italia (1999-2024): uno strumento fondamentale per la progettazione antisismica
L'INGV ha pubblicato una nuova carta della sismicità italiana che documenta i terremoti registrati dal 1999 al 2024. Uno strumento essenziale per comprendere la distribuzione dei fenomeni sismici e migliorare le strategie di progettazione e prevenzione antisismica.
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Qual è oggi il ruolo dell'INGV nel panorama scientifico italiano e internazionale?
Carlo Doglioni:
Rischi e risorse naturali sono un tema sociale ed economico vitale: non siamo tutti uguali di fronte a questi, ed è invece prioritario per una società moderna trovare una condivisione collettiva in cui si affrontino insieme queste interazioni con Madre Terra. L’INGV deve aiutare i cittadini e la società civile a essere pronti ai prossimi eventi sismici, dando le indicazioni più corrette possibili a quelli che potrebbero essere gli scenari futuri più seri, ma al contempo la scienza deve aiutare il Governo a reperire le risorse fondamentali per lo sviluppo: acqua, risorse
Josè Saramago scriveva che "fisicamente abitiamo uno spazio, ma sentimentalmente siamo abitati da una memoria”, cioè sia nel nostro inconscio che nel nostro corpo siamo in realtà l’ambiente naturale che abbiamo vissuto finora. Crescere nella conoscenza della Terra significa conoscere noi stessi, il nostro rapporto con il cosmo.
L’uomo è attratto più da ciò che vede, e per questo siamo limitati nel poter scrutare con i nostri occhi l’interno della Terra, portandoci a un effettivo disinteresse nel conoscerne la struttura e i meccanismi, nonostante tutta la vita sul pianeta, come anche il nostro corpo, siano fatti di atomi provenienti dal mantello terrestre: riceviamo gioie e dolori, le risorse idriche, minerarie, la geotermia, ma anche i rischi naturali, dai degassamenti alle tempeste solari da cui veniamo parzialmente protetti dall’atmosfera e dal campo magnetico.
L’interno della Terra rimane osservabile solo tramite metodi indiretti, speculazioni e interpretazioni basate sui dati di varia natura che il pianeta ci disvela. Eppure, le risorse e i rischi naturali vengono dal pianeta, ma forse siamo ancorati all’idea che sottoterra vi sia l’inferno, mentre continuiamo a guardare alle stelle come al paradiso.
In realtà il nostro paradiso è proprio sulla Terra, ed è qui che dobbiamo conoscerla per conviverci nel modo più sicuro. Investiamo enormemente di più per studiare esopianeti a migliaia di anni luce di distanza dove nessuno potrà mai recarsi, che non per capire come è fatto il nostro pianeta. Gli studi sull’universo lontano devono certamente continuare, ma è necessaria una presa di coscienza sulla necessità di una maggiore conoscenza del nostro pianeta.
Quali sono le principali attività che l’INGV svolge oggi, e come si sono evolute rispetto agli anni della sua fondazione?
Carlo Doglioni:
L’INGV svolge funzioni cruciali per la ricerca scientifica tramite le sue circa 1200 unità di personale motivato nel contribuire alla crescita culturale e al bene pubblico, e grazie allo sviluppo delle sue reti di monitoraggio e sorveglianza, coordinate dai tre Dipartimenti (Ambiente, Terremoti, Vulcani) e le sue dieci sezioni (Osservatorio Nazionale Terremoti, Osservatorio Vesuviano, Osservatorio Etneo, Milano, Bologna, Pisa, Roma1, Roma2, Irpinia, Palermo oltre all’amministrazione centrale). Le infrastrutture quali per esempio le reti sismica, geodetica, idrogeochimica, magnetica, gravimetrica, ionosferica, ecc. registrano ogni variazione dei parametri terrestri, oltre a tutti gli eventi sismici (in media oltre 15.000 l’anno in Italia, uno ogni circa 30 minuti).
Una missione portante dell’INGV è trasmettere al pubblico le notizie sugli eventi che registriamo ogni giorno, su tutte le metodologie che ci permettono di muoverci con un GPS nel nostro telefono, e allo stesso tempo misurano gli spostamenti delle placche tettoniche che aprono gli oceani, formano le catene montuose e generano i terremoti e i vulcani. I ricercatori dell’INGV lavorano con entusiasmo a rilevare tutti i segnali che la Terra emette e per scoprirne l’origine.
Con la stessa passione investono parte del loro tempo a diffondere queste conoscenze ai cittadini, per coinvolgerli nell’affascinante viaggio che è la comprensione del nostro corpo celeste, per informarli sugli eventi che scandiscono la vita quotidiana, ma anche per istruirli nel comportamento utile a vivere i terremoti, gli tsunami, le eruzioni o qualsiasi altro evento calamitoso in modo consapevole, per proteggersi nel miglior modo possibile. Dobbiamo imparare quanto sia fondamentale lo studio della Terra, trasmettere alle future generazioni le nozioni e la passione per continuare il nostro viaggio di conoscenza del pianeta, per difenderci, per difenderlo, per reperire le risorse indispensabili per il vivere di una nazione, ma anche dell’intera umanità.
Oltre al monitoraggio e alla ricerca, l'INGV si occupa anche di divulgazione scientifica. Quanto è importante sensibilizzare i cittadini sui rischi sismici e vulcanici?
Carlo Doglioni:
Viviamo nell’emergenza climatica, energetica e i rischi naturali sono incessanti: 20-25 eventi sismici disastrosi al secolo in italia, in media uno ogni 4-5 anni. Il prossimo terremoto è dietro l’angolo, ce lo dice la statistica, e non è saggio fare solo gli scongiuri. I vulcani continueranno a portare in superficie lava, gas e distruzione. Non possiamo voltarci dall’altra parte, ma guardare la realtà della natura soprattutto fuori delle emergenze. Dobbiamo conoscere il pianeta su cui viviamo, capirne la struttura e ricostruirne il funzionamento, per rallentare, se non arrestare la modificazione ambientale che l’uomo ha generato e che gli si sta rivolgendo contro.
Possiamo e siamo moralmente obbligati a iniziare un nuovo percorso di rapporto con la Terra. L’immaginazione di qualcosa d’ignoto è una forza propulsiva verso nuove teorie, nuovi teoremi. La Luna si allontana attualmente di circa 4 cm l’anno, ma nel passato dei 4 miliardi e mezzo della storia della Terra non sappiamo quanto fosse vicina all’inizio della sua formazione, con effetti gravitazionali straordinari. Italo Calvino nella ‘Memoria del Mondo’ si immagina una Luna che inizialmente ruota a pochi metri dalla Terra, tanto che con una scala si può passare dal pianeta al suo satellite, ma che poi, essendosi questo allontanato, qualcuno è rimasto a galleggiare a mezz'aria essendo attratto sia dalla Luna che dalla Terra. Dobbiamo avere il coraggio di proporre nuovi modelli del pianeta, andare molto oltre l’attuale stasi di conoscenze e tecnologie per studiarlo.
Durante l'evento inaugurale delle celebrazioni per i 25 anni, svoltosi al Senato, è stato presentato il progetto "Earth Telescope". Può spiegarci in cosa consiste e quali obiettivi si propone?
Carlo Doglioni:
"Earth Telescope" è un progetto che deve coinvolgere l’intera comunità scientifica nazionale e internazionale, enti di ricerca e università, con l’obiettivo ambizioso di conoscere la struttura e il funzionamento della Terra, per comprendere i meccanismi alla base della tettonica delle placche e quindi dei terremoti e del vulcanismo; i fenomeni chimico-fisici che governano la natura spesso si sovrappongono l'un l'altro determinando una notevole complessità del sistema e mi piace citare Claude Lelouche: l’imperscrutabile fertilità del caos.
Quali sono i progetti futuri più ambiziosi dell’INGV, soprattutto nel campo dello studio sismico e vulcanologico? Ci sono nuove tecnologie o metodologie che l’INGV sta sviluppando per migliorare il monitoraggio sismico e la prevenzione dei rischi?
Carlo Doglioni:
L’INGV è per legge istitutiva responsabile della valutazione della pericolosità sismica nazionale. In questi anni, come in molte altre nazioni, stiamo lavorando alla redazione di un aggiornamento della pericolosità sismica dell’Italia. Negli ultimi 20 anni abbiamo ampliato la rete sismica che ci ha permesso di misurare le accelerazioni del suolo nelle aree epicentrali, decisamente più alte di quelle che conoscevamo fino alla fine del secolo scorso, sia nelle oscillazioni orizzontali che verticali, queste ultime in gran parte ignorate finora.
Stiamo quindi lavorando per produrre scenari sia delle probabilità di accadimento dei prossimi eventi, sia di scenari deterministici, dove si ipotizza lo scuotimento massimo, valore che dovrebbe essere utilizzato per la progettazione o adeguamento sismico di strutture critiche, scuole, ospedali, beni culturali, ecc.
L’Italia ha grandi ingegneri sismici in grado di fare questo salto di sicurezza, investendo maggiormente nella prevenzione sismica. Sono passati 8 anni dall’ultima sequenza sismica importante, e, come detto prima, sappiamo che l’Italia ha in media terremoti distruttivi ogni 4-5 anni, anche se in realtà ci possono essere periodi silenti, e poi eventi a grappolo, e quindi dobbiamo essere consapevoli che da un punto di vista statistico è certo che presto o tardi nei prossimi anni, se non mesi, avremo altri eventi drammatici, e dobbiamo prepararci.
Il personale dell’INGV è orgoglioso del proprio compito istituzionale che, oltre a svolgere ricerca d’avanguardia nel campo delle geoscienze, opera come Struttura Operativa del Sistema Nazionale di Protezione Civile, tramite monitoraggi e sorveglianza sismica, vulcanica, da maremoto e anche di meteorologia spaziale, tra le tante attività in corso nei suoi tre dipartimenti, Terremoti, Vulcani e Ambiente.
L’INGV opera con piena dedizione sia nelle fasi emergenziali, ma anche e soprattutto nei periodi di pace, per contribuire a fare buona e utile prevenzione, per conoscere come funziona la Terra, ed essere sempre più preparati agli eventi estremi, che siano sismici, vulcanici o climatici, per dare agli ingegneri sismici i valori più corretti di scuotimento sismico nelle aree epicentrali future per il miglioramento o adeguamento sismico dell’edificato nazionale.
Inoltre, l’INGV è impegnato in tutte le possibili tematiche ambientali e per il reperimento di risorse energetiche come per esempio la geotermia, o materie prime. Propongo un motto, con l’acronimo VALE: Vita, Abitazioni, Libertà, Economia. Vale la pena di investire nello studio della Terra, studiare i gradienti chimico-fisici che ne determinano la dinamica, perché così forse potremo imparare a essere un po’ meno impreparati, e renderci conto di quanto sia importante il rapporto tra noi e la Terra; Vale perché dobbiamo difendere la Vita dai rischi naturali, che siano terremoti, eruzioni o frane; vAle perché dobbiamo difendere le nostre Abitazioni in caso di calamità, in quanto sono i nostri beni principali; vaLe perché in caso di terremoto perdiamo la Libertà, le radici storiche e culturali, anche perché quando avviene un forte evento sismico le popolazioni sono spesso sfollate, magari per 10-15 anni; valE perché si sfilaccia il tessuto socio-Economico; è quindi necessario un salto culturale, un rapporto diverso con la Terra che possa aiutare a far capire, tramite la comunicazione scientifica, che investire nello studio del nostro pianeta è e sarà anche un grande risparmio economico, oltre che una sicura crescita culturale e sociale.
Abbiamo 10 vulcani attivi, ognuno con una geochimica diversa e quindi con caratteristiche eruttive differenti. L’Etna erutta frequentemente per la bassa viscosità dei suoi magmi e finché le eruzioni si concentrano nei crateri sommitali, il rischio per la popolazione è ridotto, a parte le ricadute di cenere vulcanica che, oltre a bloccare la navigazione aerea, può produrre coperture delle aree abitate e polveri silicatiche dannose per la salute.
Altra cosa sarà se e quando l’Etna avrà fessure eruttive sui fianchi, in zone a bassa quota, e le lave potrebbero raggiungere i centri abitati. Il bradisismo attivo nei Campi Flegrei rimane un rischio estremamente rilevante, sia dal punto di vista sismico, con terremoti superficiali che posso raggiungere magnitudo momento (Mw) di circa 4.5-5, che sulla possibilità che il magma in profondità possa raggiungere la superficie, come avvenne con la formazione del Monte Nuovo, legato all’eruzione del 1538. I terremoti superficiali, pur non essendo di forte magnitudo, possono generare accelerazioni del suolo significative in grado di generare danni rilevanti.
Guardando al futuro, quali sono le priorità dell'INGV per i prossimi 25 anni nel campo della ricerca e del monitoraggio geofisico? Quali obiettivi ambiziosi vorrebbe vedere realizzati?
Carlo Doglioni:
L’INGV è impegnato nella ricerca di risorse energetiche, come quella geotermica, industria pioniera in Italia in Toscana, ma anche sulle risorse di idrogeno. Il tema climatico è oramai quotidiano per gli studi sull’innalzamento del livello del mare, ma anche sulla meteorologia spaziale che ha implicazioni importanti sulle infrastrutture di comunicazione.
L’INGV deve diventare pieno patrimonio di tutti i ricercatori delle geoscienze che sono invitati ad associarsi all’ente, per renderlo più forte e più attraente per chiunque studi la Terra.
In Italia manca una vera collaborazione tra Enti di ricerca e università: una volta il CNR aveva strutture all’interno di quasi tutti gli atenei nazionali. Ora le università chiedono agli enti di ricerca di pagare affitti, talora esagerati, trattando anche il personale degli enti come degli estranei, negando anche quelle minime facilitazioni necessarie a una proficua convivenza. Gli enti di ricerca hanno come missione principale fare scienza e la realizzano tramite due elementi fondamentali, personale molto preparato e motivato, e infrastrutture di ricerca, spesso estremamente costose e distribuite sul territorio nazionale, e che le università non possono avere, oltre a non essere nelle loro priorità. Infatti, gli atenei hanno invece la missione della formazione oltre che della ricerca.
L’integrazione tra enti di ricerca e università dovrebbe rinascere a nuova vita, con personale che abbia carriere simili, con una osmosi che permetta di transitare dall’una all’altra struttura e viceversa durante la vita professionale di un ricercatore o docente.
Questo è l’auspicio anche per l’INGV: che si radichi nel maggior numero di atenei nazionali, affinché ci sia piena collaborazione tra ricercatori universitari e studenti, dottorandi che utilizzino le infrastrutture nazionali dell’INGV, e viceversa, ricercatori dell’INGV che insegnino regolarmente nelle università, collaborino pienamente alla formazione con corsi, tutoraggi e ogni altra forma di crescita culturale dei discenti.
Il sistema attuale inibisce non poco questa piena integrazione tra i due mondi che hanno di fatto la stessa finalità: la crescita culturale non solo di una ristretta cerchia di pochi eletti, ma grazie alla cosiddetta terza missione, comunicare alla società civile i risultati delle ricerche per crescere tutti insieme e creare una cittadinanza attiva e consapevole, nel caso delle geoscienze, e quindi dell’INGV, per uno sviluppo capillare della consapevolezza dei rischi e delle risorse naturali, a valle di una crescita conoscitiva della natura di cui l’uomo fa parte.
Dissesto Idrogeologico
Degrado ambientale dovuto principalmente all'attività erosiva delle acque superficiali, in contesti geologici naturalmente predisposti o per cause antropiche.
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