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1° Gennaio 2025: la corsa al BIM?

Dal 1° gennaio 2025 la Gestione Informativa Digitale diventa obbligatoria nel settore delle opere pubbliche, portando opportunità e sfide per i progettisti. La reale integrazione del BIM richiede un approccio sistemico per garantire efficienza e sostenibilità nei progetti futuri.

La digitalizzazione del settore costruzioni e l'introduzione del BIM obbligatorio dal 2025: cosa comporta

La data corrispondente al 1° Gennaio 2025, qualunque siano gli emendamenti previsto per il Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), dovrebbe assumere un valore simbolico e iconico per quanto riguarda la trasformazione digitale nel settore della costruzione e dell’immobiliare, a causa dell’introduzione obbligatoria, sia pure parziale, della Gestione Informativa Digitale.

Ci si deve, tuttavia, domandare che significato possa essere attribuito a tale scadenza da parte degli attori del versante della domanda pubblica e di quello dell’offerta privata e dalle loro rappresentanze.

 

Le sfide dell'interoperabilità e l'importanza di un ecosistema digitale integrato

Del resto, paradossalmente, gli attori che si sono meglio attrezzati nel corso degli anni, numericamente piuttosto marginali, soffrono la difficoltà a finalmente mettere a sistema i processi, i sistemi, i dispositivi di cui si sono incrementalmente dotati, a causa del fatto che servirebbe loro un ecosistema digitale compiuto, che, peraltro, sta sorgendo embrionalmente a livello comunitario e continentale, e che vi è consuetudine a identificare gli ambiti operativi separatamente, in maniera scarsamente interoperabile.

La grande parte residua degli attori al contrario, si ferma ancora al potere evocativo e indistinto dell’acronimo BIM, una sorta di mezzo veicolare per intendersi vagamente sull’oggetto del contendere (guardando a un novero limitato di meri strumenti), muovendosi tra (mal)celata insofferenza per un passaggio non del tutto compreso e una aspettativa che iniziative puntuali ed episodiche possano dimostrarsi magicamente risolutive.

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ANCE (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili) da tempo, ad esempio, si è fatta promotrice di un European Digital Innovation Hub (EDIH), dalla denominazione DIHCUBE (DIHCUBE - Digital Italian Hub for Construction and Built Environment), co-finanziato dalla Commissione Europea e dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con l’intento di approfondire e di disseminare i contenuti della transizione digitale, in luogo di banalizzare il tema e di ridurlo a mero adempimento formale.

È, tuttavia, quest’ultimo il rischio che il mercato correrà qualora anche le altre rappresentanze professionali e imprenditoriali non comprendano appieno il portato autentico della doppia trasformazione, digitale e sostenibile, e, anzi si facciano, addirittura, latrici di questo approccio deleterio.

Si tratta, auspicabilmente, di una ipotesi irrealistica, non foss’altro per il fatto che su questa sfida si giochi il loro proprio futuro esistenziale di medio periodo.

Occorre, infatti, intendersi sul rilievo assumibile da parte della transizione digitale e sulle conseguenze che essa comporterà. L’obiettivo finale è evidentemente quello di porre il dato, in senso proattivo, all’interno dei processi e delle transazioni, allo scopo di introdurre meccanismi semi-automatici di decisione.

Naturalmente, ciò a cui si assiste oggi sono solo tentativi parziali, mancando una adeguata architettura infrastrutturale, cosicché la Gestione Informativa Digitale appare del tutto frammentaria e appiattita sul cosiddetto BIM, un acronimo ormai divenuto, a dispetto di una storia lunga e articolata (le cui origini possono individuarsi nei lavori svolti negli Anni Cinquanta del secolo scorso presso MIT), luogo comune, come detto, una sorta di artifizio evocativo, all’insegna del quale vige spesso una semplificazione indebita e pericolosa della nozione di digitalizzazione.

È così che, contemporaneamente, l’introduzione dei processi digitalizzati avviene attraverso implementazioni parziali, spesso carenti proprio del lato alfa-numerico, mentre, per un altro canto, anche nel settore specifico, le soluzioni digitali si moltiplicano rapidamente, senza, però, innestarsi in una trama che le integri e che dia loro un senso compiuto, non autoreferenziale.

Sotto questa fattispecie, è proprio l’approccio banalizzante di cui si diceva poc’anzi a costituire una seria minaccia al fenomeno, poiché, sostanzialmente neutralizzandolo, lo svuota di contenuti.

I lodevoli ed essenziali intenti contenuti nella legislazione in materia, per quanto puntuali a proposito di tutte le fasi procedimentali dei cosiddetti progetti (nell’accezione anglosassone di Project), necessiterebbero, infatti, di una azione sistemica e sistematica di accompagnamento da parte delle rappresentanze dei soggetti, pubblici e privati, coinvolti, tanto più che l’argomento è oggetto di provvedimenti di carattere legislativo sin dal lontano 2016, col precedente Codice dei Contratti Pubblici, che, peraltro, faceva riferimento a una previgente direttiva comunitaria del 2014.

 

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