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01.01.2025: il tempo per la gestione informativa digitale è in scadenza

La scadenza del 01.01.2025 per la gestione informativa digitale richiede azioni immediate e una preparazione accurata per evitare gravi conseguenze. È cruciale promuovere una trasformazione culturale e organizzativa profonda, comprendendo le implicazioni dell'intelligenza artificiale per una transizione digitale sostenibile. Se ne parla nella seguente nota del Professor Ciribini.

Obblighi relativi alla gestione informativa digitale, sfida entro il 2025

La scadenza prevista allo 01.01.2025 per l’introduzione, o meglio, al fine della reintroduzione degli obblighi relativi alla gestione informativa digitale potrebbe trovare impreparati molti soggetti sia sul versante della domanda pubblica sia su quello dell’offerta privata.

L’atteggiamento attendista, peraltro, ha dimostrato di non pagare allo 01.01.2024, con l’avvio delle piattaforme di approvvigionamento digitale: la distrazione, nella speranza di un differimento, ha dimostrato di essere disastrosa, anche se i meccanismi devono gradatamente lubrificarsi.

È necessario, quindi, riflettere attentamente sul ritardo rispetto all’appuntamento del 2025 in cui rischiano di incorrere i soggetti professionali e imprenditoriali, trovandosi poi in gravi ambasce nell’imminenza della scadenza.

Dato che le misure che riguardano la gestione informativa digitale si giocano sui diversi piani della cultura degli operatori, della valorizzazione del capitale umano, della qualità dei processi, della funzionalità delle infrastrutture, è palese che non vi sia alcun tempo per indugiare perché occorre assolutamente evitare le soluzioni estemporanee. Naturalmente, l’aspettativa di taluni potrebbe incentrarsi sul piano formale e nominale degli adempimenti, ma, se ciò fosse, vi sarebbe il rischio, specie per la domanda pubblica, di essere soggetta a una pericolosa asimmetria, foriera di conflitti e di contenziosi.

Non dimentichiamo, invero, che il dato è entità che si presta facilmente alla contestazione e al risarcimento.

Farsi trovare impreparati di fronte agli obblighi legislativi, specie se in presenza di una controparte privata attrezzata, potrebbe risolversi in serie conseguenze.

Deve, peraltro, essere chiaro che, anzitutto, per le stazioni appaltanti e per gli enti concedenti, la trasformazione digitale comporti oneri rilevanti in termini diretti, ma, soprattutto, implichi un grande sforzo motivazionale e organizzativo, con ancor più rilevanti oneri.

LEGGI ANCHE: L’integrazione tra la piattaforma di approvvigionamento digitale e l’ambiente di condivisione dei dati

 

Transizione Digitale e Sostenibile: Strategie per Affrontare le Nuove Frontiere

Le scorciatoie e le semplificazioni, di primo acchito, potranno forse soddisfare la logica burocratica, ma sono destinate a divenire ben presto controproducenti. Se, perciò, non vi può essere alcun conforto consolatorio, latore di illusorie promesse, né vi deve essere un confuso riferimento al generico acronimo BIM, è vero, altresì, che occorra definire azioni di agenzia, anche a livello regionale e provinciale, per definire percorsi di governo e di orientamento della transizione digitale.

La scommessa riguarda, innanzitutto, la qualificazione digitale del versante della domanda pubblica, ma i soggetti territorialmente più significativi devono preoccuparsi anche della crescita culturale e operativa della controparte contrattuale. Bisogna definire una alleanza di lungo periodo tra le rappresentanze, cosicché si possa avere garanzie sulla qualità delle richieste e delle risposte.

A questo scopo, bisogna, in primo luogo, chiarire che l’obiettivo ultimo è quello di assicurare una continuità dei flussi informativi entro l’agire della amministrazione pubblica: per conseguire un simile esito è fondamentale che i dati prodotti, sia come serie storiche sia nella contemporaneità, siano resi leggibili e interpretabili dagli algoritmi, giacché tutto l’approccio si basa sulla creazione di supporti, persino parzialmente semi autonomi, ai processi decisionali. Certo non è realistico immaginare che tutti i documenti a oggi redatti in linguaggio naturale contenenti dati non strutturati possano ridursi al loro opposto, ma una loro parziale leggibilità e interpretabilità è nell’ordine delle cose.

La relazione tra i documenti redatti nel corso dell’investimento pubblico e i dati che essi veicolano è, assieme alla identità delle unità organizzative che sono coinvolte nella loro gestione, è un aspetto che illumina il fatto inerente al significato del tema.

D’altronde, tra le principali criticità che si rinvengono attualmente nelle stazioni appaltanti e negli enti concedenti vi sono la dialettica con il responsabile dei sistemi informativi, non di dominio, ovviamente, e il dialogo con il responsabile delle risorse umane, sulla profilazione delle nuove competenze digitali richieste dalla legge.

Secondariamente, proprio il contenuto del Codice dei Contratti Pubblici evidenzia senza tema di smentita come sia imprescindibile configurare un sistema di gestione dei processi che includa l’intero ciclo degli investimenti pubblici, singolari e collettivi, e che sfoci nella gestione patrimoniale.

È lapalissiano come ciò debba indurre a non frapporre alcun indugio e a considerare l’implementazione del sistema gestionale quale atto iniziale di un fenomeno evolutivo.

Poiché, tuttavia, non si è anime belle, l’entità del ritardo che è, in molti contesti, agevolmente riscontrabile, richiede con urgenza che si mettano a punto riferimenti robusti per molti soggetti disorientati, quando persino insensibili, coinvolgendo le rappresentanze, pubbliche e private, dei due versanti del mercato.

Per quanto suoni curioso alle orecchie dei più, non si tratta, infatti, appunto, di ragionare del famigerato BIM, quanto di rendersi conto che le ontologie, i modelli dei dati, i modelli di apprendimento automatico, i protocolli di scambio, i protocolli di comunicazione siano il vero oggetto del contendere.


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