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Pavimentazioni per piazzali esterni: soluzioni, normative, aspettative e consigli

L’articolo, basato sulle esperienze acquisite dall’autore di attività pluridecennale nel settore, raggruppa importanti indicazioni utili per la redazione di un capitolato completo, spiegandone l’importanza e la motivazione affinché il lettore possa utilizzarli come guida. Inoltre, l’articolo è particolarmente importante anche per le aziende di pavimentazioni per ottenere migliori risultati ed evitare i noti problemi del settore con conseguenti spiacevoli contenziosi giudiziari.

Pensiero introduttivo con consigli sul capitolato 

Nella pratica quotidiana accade spesso di avere a che fare con capitolati d’appalto in cui il pavimento industriale, anche per i piazzali esterni, viene prescritto in maniera confusa in tutti i suoi elementi costituenti, nonostante siano in essere ben due soluzioni normative che si completano: le norme UNI 11146 "progettazione, esecuzione e collaudo dei pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale" e le istruzioni CNR 211/2014 "Istruzioni per la progettazione, l'esecuzione ed il controllo delle pavimentazioni in calcestruzzo". 

In sintesi per i più pigri replichiamo: 

  • Regola prima: il pavimento deve essere opportunamente separato dalle strutture portanti. (basamenti, pilastri, pareti e quant’altro di strutturale esista nell’area da pavimentare);
  • La massicciata, da non trascurare nelle descrizioni di capitolato! Necessario indicarne la planarità (indispensabile per consentire lo scorrimento al pavimento (3 cm su 4 m)) e la portanza (modulo di Winkler K/Nmm3) rilevata con un congruo numero di punti nell’area da pavimentare. Valori importanti perché assorbono parte delle sollecitazioni gravanti sul pavimento. Affinché il pavimento lavori a compressione il coefficiente di Winkler K deve attestarsi attorno agli 0,08 N/mm3. Con valori inferiori i carichi d’esercizio sottoporranno il pavimento a pressoflessione e quindi sarà necessaria una idonea armatura e posizionata in basso;
  • Lo Strato di separazione tra pavimento e massicciata deve essere prescritto ed il cui duplice scopo è quello di favorire lo scorrimento del pavimento e/o fungere da barriera al vapore (vedere uni 7988);
  • Il calcestruzzo viene prescritto indicando la resistenza caratteristica, ma senza considerare le condizioni climatiche durante la costruzione e la sua durata in vita. Ma, quel che è peggio, non vengono previste le modalità di maturazione per contenere l’evaporazione dell’acqua d’impasto. Nel seguito indicheremo i parametri da considerare per un buon mix dedicato ai pavimenti;
  • Lo strato indurente non è applicabile quando si utilizzano calcestruzzi areati (XF3 e XF4);
  • Lo spessore deve essere calcolato per i carichi previsti (muletti, scaffali e bancali, mentre per i piazzali esterni vale il codice della strada 46.000Kg su 5 assi) sempre però in subordine alla capacità portante della massicciata;
  • L’armatura viene prescritta a sensazione (singola rete elettrosaldata, doppia rete, fibre sintetiche, fibre di acciaio) ignorando di adeguarne le prescrizioni in subordine alla massicciata.  Si deve invece prescrivere in capitolato: la loro posizione, le sovrapposizioni, le distanze dall’estradosso, ed il dosaggio delle fibre eventuali. Dosaggio che spesso viene standardizzato sia per le fibre sintetiche che per le fibre di acciaio;
  • Nel caso la massicciata sia ben costipata (K=0,08Nmm3) l’armatura metallica deve essere posizionata non oltre a 6 cm dall’estradosso per impedire alle fessure di allargarsi. Lo strato corticale di 6 cm, sensibile ai i ritiri, può essere armato con fibre come armatura di pelle. Nel caso invece la massicciata risulti con capacità portante incerta, o soggetta a possibili cedimenti è opportuno posizionare l’armatura in basso quasi a diretto contatto con la massicciata disponendo così il pavimento di un braccio di leva maggiore;
  • Lo strato d’usura ormai è standardizzato nel descrivere l’applicazione a spolvero di indurente a base di quarzo, ignorando l’esistenza di indurenti performanti quali il corindone ed il metallo. Il dosaggio (da 2 a 5 kg/mq) non può essere prestabilito poiché in alto grado dipende dalla situazione climatica al momento del getto ed al mix fornito (quindi non alla Rck, ma alla composizione);
  • I giunti non vengono neppure considerati nelle prescrizioni e, ricordiamolo, si devono eseguire i giunti di costruzione (per arresto del getto giornaliero) che per i pavimenti esterni devono coincidere con le dilatazioni previste per quel materiale (calcestruzzo) e per quelle condizioni di microclima. La descrizione deve poi essere completata con i giunti di isolamento dalle strutture confinanti; con i giunti di contrazione per riprendere le tensioni da ritiro e tutti i movimenti durante la durata in vita del pavimento che variano con la esposizione geografica (a nord o a sud) del pavimento esterno;
  • La distanza massima tra i giunti deve risultare L=(18*Hcm) +100. Non sono consentiti lati rettangolari oltre il 20%. Nel caso il pavimento appoggi su un supporto impermeabile la distanza tra i giunti dovrà essere però ridotta del 20%. I giunti di dilatazione all’interno di un capannone non sono necessari perché il pavimento non è soggetto a dilatazioni, ma solo a ritiri;
     
  • La sigillatura dei giunti. Durante la fase di taglio dei giunti si inserisce nella sede del giunto un profilo in gomma per impedire che vi si accumuli sporco o detriti durante i lavori di impiantistica. Questa è ritenuta una sigillatura provvisoria per il fatto che a seguito dei ritiri tipici del calcestruzzo il profilo in gomma tende a fuoriuscire dalla propria sede. Si dovrà quindi prevedere, in fase di prescrizione, la sigillatura o riempimento della sede dei giunti con una resina elastoplastica. Le tempistiche applicative del sigillante devono coincidere con il raggiungimento dell’80% del ritiro. Cioè il più tardi possibile (qualche mese) dalla fine del pavimento. Tecnicamente secondo la normativa vigente, l’accorciamento % o deformazione volumetrica dovuta al ritiro, che genera una “apertura” della sede dei giunti può variare da 0,20x10-3 a 0,40x10-3 a seconda del microclima dell’area;
  • La stagionatura del pavimento è l'insieme degli accorgimenti post-getto, atti a mantenere il calcestruzzo in condizioni protette ed ideali affinché il processo di idratazione del cemento avvenga in modo lento come deve essere. In altre parole: con la maturazione protetta del pavimento si vuole ritardare la evaporazione dell’acqua in eccesso utilizzata nel mix. La UNI EN 13670 “esecuzione delle strutture in calcestruzzo” richiamata nelle NTC, la UNI 11146 al paragrafo 9.2.9 e le istruzioni CNR 211 al paragrafo 9.4.9 trattano entrambe i diversi metodi di maturazione con relative tempistiche, indispensabili per evitare limiti prestazionali, ritiri e stati fessurativi sulla superficie del pavimento. Normalmente si preferisce impiegare uno stagionante chimico che viene nebulizzato sulla superficie indurita del pavimento.

Ma il dosaggio (gr/mq) del prodotto dipende dal suo “coefficiente di protezione” che deve essere dichiarato nella scheda tecnica. Il “coefficiente di protezione” è ritenuto un parametro importante per il dosaggio (subordinato alla situazione climatica del momento), perché indica la capacità del prodotto a ritardare l’evaporazione dell’acqua d’impasto del calcestruzzo, e quindi per la durata dell’efficacia di maturazione. Il “coefficiente di protezione” non è un dato teorico per il fatto che molte patologie presenti sul pavimento in calcestruzzo dipendono da un deficitario o nullo quantitativo di prodotto applicato per la giusta maturazione del pavimento (ritardare cioè l’evaporazione dell’acqua d’impasto).

 

Pavimentazioni per piazzali esterni: soluzioni, normative, aspettative e consigli

 

Quindi, sottovalutare il pavimento ignorandone le problematiche ed i limiti prestazionali se non sufficientemente attenzionati o addirittura trascurati nelle prescrizioni, e nella progettazione completa (ovvero: calcolo portanza, prescrizioni operative e indicazioni sulle pendenze, planimetria giunti e tavole dettagli costruttivi), complicherà la vita a tutti gli attori del procedimento costruttivo, dal direttore dei lavori, all’impresa di costruzione, dal pavimentista al fornitore del calcestruzzo e questo può costare molto in termini di manutenzione.

 

Il calcestruzzo per pavimenti è figlio di "un dio minore"? Perchè?

Al calcestruzzo per i pavimenti viene attribuita una minore attenzione di quella destinata ai calcestruzzi per le strutture (ce sono protetti da casseri). I pavimenti di calcestruzzo, sovente, sono soggetti a forme di patologie e/o di degrado, che se tra loro combinate ne riducono la fruibilità nel tempo. La maggior parte delle patologie dei pavimenti di calcestruzzo dipendono dal calcestruzzo, il cui mix, non è progettato per affrontare la patologia da ritiro.

Il ritiro è una variazione di volume che il calcestruzzo subisce durante la fase di presa e di indurimento causata dalla progressiva eliminazione dell'acqua contenuta nel mix e, senza che il pavimento venga caricato, favorisce: 

  • L’imbarcamento dei bordi dei giunti (curling);
  • L’allargamento della sede dei giunti;
  • Le fessure.

Situazioni queste che se abbinate a condizioni ambientali sfavorevoli, portano ad un degrado certo, visibile in superficie.

La contrazione da ritiro interessa il pavimento per tutta la sua vita. Tuttavia, la velocità con cui il ritiro si manifesta è massima durante i primi mesi. A memento ricordiamo che il ritiro del calcestruzzo nei giorni seguenti la posa rappresenta una frazione limitata a circa il 20% di quello sviluppato a tempo infinito, ma anche la resistenza a trazione del materiale, dovuta proprio alla giovane età, sarà modestissima.

Quindi il rischio di fessurazione rimane elevato anche alle brevi stagionature. A seguito di questa considerazione sarebbe opportuno incrementare la resistenza caratteristica del mix nel caso di ambiente ostile (clima caldo e seco), oppure adottare un agente riduttore del ritiro SRA (Shrinkage Reducing Admixture).

Il calcestruzzo per i pavimenti e per i piazzali esterni dunque non gode delle giuste attenzioni, ma sembra disporre di uno stato di attenzione minoritaria da parte degli addetti, per il semplice fatto che questi non conoscono a sufficienza (o vogliono ignorarli) i limiti prestazionali di una piastra in calcestruzzo di ampia superficie e limitato spessore, non contenuta tra i casseri e soprattutto soggetta a deformazioni endogene ancorchè priva dei carichi d’esercizio.

 

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