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Aggregati per calcestruzzo: la marcatura CE applicata sufficientemente bene e con serietà

La qualità di un calcestruzzo dipende in modo sostanziale dagli aggregati, le loro caratteristiche, la loro pulizia, la costanza. Con Riccardo Schvarcz abbiamo provato ad affrontare il tema, con alcune domande di attualità tecnica.


Aggregati e Marcatura CE

Andrea Dari

Quanto è davvero utile la marcatura CE degli aggregati così come regolamentata oggi ? da una garanzia reale sulla qualità dei materiali forniti ? o è diventata un semplice passaggio di carte ?

riccardo-schvarz-300.jpgRiccardo Schvarcz

L’entrata in vigore del regolamento europeo n°305/2011 (09/03/2011) che fissa le condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzioni e che abroga la direttiva 89/106/CEE, obbliga il fabbricante ad emettere la dichiarazione di prestazione

Quando un prodotto da costruzione rientra nell’ambito di una norma armonizzata, come nel caso degli aggregati secondo la norma europea EN12620 (aggregato destinato alla preparazione di calcestruzzo per costruzioni, strade ed altre opere di ingegneria civile) il fabbricante redige una dichiarazione di prestazione all’atto dell’immissione di tale prodotto sul mercato. 

Secondo l’art. 6 del regolamento europeo, la dichiarazione di prestazione (DoP) deve contenere: 

  • la prestazione dei prodotti da costruzione in relazione alle caratteristiche essenziali di tali prodotti, 
  • il riferimento del prodotto tipo per il quale la dichiarazione di prestazione è stata redatta,
  • il sistema/i di valutazione e verifica della costanza della prestazione del prodotto da costruzione,
  • il numero di riferimento e la data di pubblicazione della norma armonizzata, 
  • l’uso/i previsti del prodotto da costruzione conformemente alla specifica tecnica armonizzata applicabile,
  • l’elenco della caratteristiche essenziali secondo quanto stabilito dalla specifica tecnica armonizzata per l’uso/i previsti dichiarati.

Dal punto di vista tecnico è possibile equiparare le diverse dichiarazioni per valutare di fatto il prodotto migliore per l’impiego previsto (ad esempio all’interno della DoP tra le prestazioni obbligatorie vi è il contento di fini, la percentuale di passante del diametro maggiore, la resistenza alla frammentazione, ecc).

Confrontare diverse DoP permette di valutare e qualificare i prodotti presenti sul mercato.

 

Andrea Dari

La marcatura CE quanto è applicata in modo corretto sia dalle cave di produzione che, ne controlli al ricevimento, dai produttori di calcestruzzo ?

Riccardo Schvarcz

Lavoro principalmente nel Triveneto e ritengo che in questa area la marcatura CE sia applicata sufficientemente bene e con serietà.

Mi occupo nella mia attività professionale di ispezioni, per conto di un Organismo di parte Terza accreditato, di marcatura CE di prodotti per le costruzioni, e mi muovo a livello nazionale; dalla mia esperienza ho potuto constatare non tanto problemi legati alla marcatura CE dei prodotti, ma della qualità dei prodotti presenti; in particolare gli inerti in natura sono calcarei e tondeggianti in zona Veneto e Friuli, prettamente di natura lavica in Sicilia e sottosaturi, frantumati nel centro Italia, provenienti da Croazia ed Albania e di tipo frantumato sulla costa adriatica, utilizzo prevalente di misto in Lombardia, ecc.

Ogni area e ogni regione ha inerti di caratteristiche legate alla morfologia del territorio.     

 

Controlli in impianto degli aggregati

Andrea Dari

Quali caratteristiche il produttore di calcestruzzo dovrebbe controllare con continuità sugli aggregati in arrivo in impianto ?

Riccardo Schvarcz

Forma

Il sasso può presentarsi tondeggiante, allungato o piatto.  

L’aggregato in una miscela di conglomerato cementizio costituisce all’incirca il 70-75% del volume.

Proprio per la sua caratteristica l’inerte non subisce alcuna variazione volumetrica (dilatazione o contrazione), al contrario del cemento che idratando con l’acqua durante la fase di reazione, in funzione al calore di idratazione e all’acqua evaporata, tende a contrarsi o, in condizioni abbondanti di acqua o valori di umidità relativa significativa, ad aumentare di volume.

Per le sue caratteristiche l’aggregato in una miscela di conglomerati cementizi, deve essere distribuito in modo tale che si raggiunga la compattazione ottimale, quindi con una distribuzione quanto più possibile uniforme della granulometria, in relazione alla curva di Bolomey o di Fuller.

Le variabili nella distribuzione della granulometria sono molte, non solo in funzione delle esigenze e di ciò che si vuole realizzare, ma anche in relazione alla modalità di messa in opera.  Ad esempio la curva granulometrica si sposterà verso l’alto rispetto la curva ottimale (diventando una curva sovrasabbiata) per poter permettere la messa in opera del calcestruzzo attraverso un pompaggio; per un getto faccia a vista,  normalmente, la tendenza è di arricchire la miscela con materiale fine (sabbia fine con granulometria da 0mm a 2mm).

Nel caso si vogliano realizzare pavimentazioni drenanti (capaci di smaltire rapidamente l’acqua piovana), la curva invece di essere uniformemente distribuita dal diametro più piccolo al più grande, si trasforma in una curva secca a ginocchio impiegando prevalentemente due granulometrie ben distinte (una grossolana, cioè piestrisco frantumato, e una sabbia fine ), proprio per creare un gran numero di vuoti utili al drenaggio delle acque meteoriche.

L’aggregato tondo migliora la lavorabilità, riduce il numero di vuoti presenti nel conglomerato  e quindi il rapporto acqua/cemento (a/c), migliorando  di conseguenza la resistenza a compressione.

Gli inerti a spigoli vivi  provenienti dalla frantumazione favoriscono una maggiore adesione tra la pasta di cemento e gli aggregati, migliorando significativamente la resistenza meccanica a trazione.

Quelli piatti o allungati invece presentano una maggiore superficie per cui necessitano di un volume maggiore di pasta cementizia e oltre ad avere un maggior costo, influenzano in maniera rilevante il rapporto a/c e quindi la resistenza a compressione e a trazione.

E’ necessario quindi approfondire in maniera puntuale l’indice di forma e il coefficiente di appiattimento.

Proprietà meccaniche

In relazione alla durabilità attesa, all’impiego finale e alla destinazione d’uso, è necessario utilizzare l’aggregato più appropriato in termini di proprietà meccaniche. 

  • Maggiore è il peso specifico dell’inerte e maggiore è la resistenza a compressione finale: Calcare (2,4kg/dm3) → Granito (2,7kg/dm3) → Basalto (2,9kg/dm3). Nel caso venga progettata una miscela ad alta resistenza meccanica a compressione a 28gg, Rck≥60N/mm2, è consigliabile l’impiego almeno in parte, di un granito o un basalto sul calcare che non permetterebbe il raggiungimento di tali valori.
  • Tenacità (resistenza alle azioni dinamiche): si misura attraverso la frantumazione dell’inerte sottoposto al passaggio ripetuto di una ruota metallica, a seguito di setacciatura. La differenza tra il peso iniziale e finale fornisce la misura della tenacità. Seguono alcuni valori di riferimento:  Calcare (1) → Granito (1,5) → Porfido → Basalto (2,3)
  • Durezza (resistenza all’ usura): si misura attraverso la prova Deval senza entrare nel merito della prova è importante sapere che il valore è D = 40/f, dove f è la percentuale di materiale frantumato su apposita strumentazione, pertanto un aggregato con MDe = 10 tipico del pietrisco è migliore di un aggregato tondo con MDe = 8: Calcare → Basalto → Porfido → Granito 

Ad esempio, se si andrà a realizzare una pavimentazione industriale all’aperto, quindi soggetta a condizioni atmosferiche avverse ed anche sottoposta a carichi dinamici provocati da carrelli elevatori o mezzi pesanti, sarà più indicato utilizzare una miscela di conglomerato con aggregato basaltico o con percentuali di basalto o porfido significative, anziché realizzarla totalmente con calcare. 

Un indicatore significativo per valutare la resistenza all’attrito, che misura la diminuzione percentuale in peso riferita al peso iniziale, è il coeff. Los Angeles (LA): per rocce resistenti LA = 15-20%, per quelle tenere 30-35%. Più è basso tale valore  migliore è la resistenza all’attrito dell’inerte; quindi un LA20 è sicuramente preferibile ed auspicabile ad un LA30 nel caso di realizzazione di calcestruzzi ad alta resistenza (Rck≥40N/mm2).

Porosità

La porosità di un elemento di aggregato può essere aperta o chiusa ed influisce su una serie di caratteristiche: peso specifico apparente, caratteristiche meccaniche, permeabilità, assorbimento di acqua e resistenza al gelo.

Un aggregato può presentare diversi stati di assorbimento, l’importante è conoscerne lo stato ai fini del dosaggio dell’acqua di impasto del calcestruzzo, allo scopo di avere un corretto rapporto a/c. 

Un aggregato non saturo sottrae acqua all’impasto, in sostanza è come una spugna in cui l’acqua entrando in contatto va a collocarsi all’interno dei pori del materiale; viceversa una superficie bagnata cede acqua all’impasto.

I pori aperti verso l’esterno dell’inerte sono di dimensioni tali per cui non può entrare la pasta di cemento; d’altra parte, l’acqua presente in atmosfera o quella di impasto può entrare in tutto o in parte nei pori determinando situazioni igrometriche diverse, di queste occorre tenere conto per calcolare la composizione del calcestruzzo e in particolare il rapporto a/c.

Bisogna infatti tenere presente che, al contrario dell’umidità superficiale dell’aggregato, l’acqua assorbita dall’inerte non influenza il rapporto a/c della pasta cementizia, non modifica le proprietà reologiche allo stato fresco nè quelle meccaniche allo stato indurito. Quando tutti i pori dell’ aggregato sono pieni di acqua, mentre la superficie del sasso è asciutta, si dice che l’inerte è saturo a superficie asciutta (s.s.a.); questa è la situazione teorica che viene tenuta in considerazione per la progettazione di una miscela di calcestruzzo.

Se l’inerte è lasciato all’aria e parte dell’acqua contenuta nei pori evapora, l’inerte diventa insaturo, quindi può sottrarre acqua all’ impasto. 

D’altra parte un inerte lasciato sotto la pioggia o in un ambiente umido si presenta con l’acqua depositata sulla superficie, perciò l’inerte è denominato umido e andrà a cedere acqua all’impasto. Cedendo l’acqua in eccesso, il reale valore del rapporto a/c deve essere calcolato tenendo conto dell’acqua dell’impasto e dell’umidità dell’inerte. 

Se l’inerte, al contrario, fosse asciutto o insaturo, esso assorbirà acqua dall’impasto fino a portarsi nella condizione s.s.a., in tal caso il rapporto a/c sarà calcolato sottraendo all’acqua dell’impasto quella necessaria a portare l’inerte in condizioni s.s.a..

Da quanto detto si evince l’importanza di controllare non solo l’umidità effettiva dell’inerte, ma anche il valore s.s.a., se si vuole mantenere costante a/c e quindi le proprietà del calcestruzzo fresco ed indurito

Massa volumica:

Il dosaggio degli ingredienti per un calcestruzzo richiede la conoscenza del volume occupato da un certo peso di inerte, poiché nelle centrali di betonaggio questo viene dosato sia per pesata sia per misure di volume.

Si definiscono diversi pesi specifici riferiti al mucchio o alle particelle.

In particolare, la massa volumica apparente, ovvero il peso specifico apparente, è il rapporto tra il peso della massa di inerte saturo a superficie asciutta e quello dell’acqua che occupa il volume di tutti i granuli; normalmente, il valore è compreso tra 2,6 e 2,75 g/cm3.

Il peso specifico del volume solido comprende anche le porosità aperte ed è riferito all’intero volume apparente; tale valore è importante per il dosaggio volumetrico del calcestruzzo, perché la porosità aperta non consente l’ingresso della pasta di cemento. 

Il volume occupato da una data quantità di sabbia dipende dal tenore di umidità libera e dalla finezza della sabbia stessa. L’aumento di volume di una sabbia in presenza di acqua viene denominato “effetto bulking”: sugli inerti più grossi, tale effetto risulta trascurabile perché il film di acqua è molto piccolo rispetto alla dimensione delle particelle. 

Gelività:

La gelività degli inerti indica la tendenza degli elementi lapidei a frantumarsi  in seguito alla formazione di ghiaccio all’interno dei pori. Nella solidificazione dell’acqua si verifica un aumento di volume pari a 9-10%; ciò significa che, se in una cavità chiusa è presente più del 90% di acqua, l’aumento di volume crea una sollecitazione che può provocare la rottura dei materiali. Un inerte, in tal caso, viene detto gelivo se è sensibile ai cicli di gelo/disgelo, tale caratteristica è legata alla porosità. Nel caso del calcestruzzo, la gelività dipende sia dalla porosità dell’inerte che della pasta

 

Il problema del Pop Out

Andrea

Oggi purtroppo è riesploso il problema del «pop out»in molte zone d’Italia. Quale la soluzione da adottare ?

Riccardo Schvarcz

E’ opportuno, verificare in maniera attenta e scrupolosa le caratteristiche essenziali riportate sulla DoP; in particolare, per quanto concerne la durabilità alla reazione alcali-silice. 

La reazione della silice contenuta negli inerti (silice intesa principalmente amorfa come quella cristallina) con gli alcali del cemento quali il sodio e il potassio, forma un silicato gelatinoso soggetto a forte rigonfiamento in presenza di elevata umidità. Tale rigonfiamento produce fessurazioni ed espulsioni di porzioni di aggregato (popout) con conseguente distruzione del copriferro.  Il processo, in genere, è molto lungo da 1 a 10 anni e può avvenire solo nelle seguenti condizioni: se presenti in contemporanea sodio e potassio nei pori capillari e acqua, se presenti inerti silicei amorfi e mal cristallizzati, oppure un rapporto cemento/aggregati quarzosi >0.67 in ambiente umido. 

La norma EN12620 obbliga il produttore a verificare, attraverso idonee prove di laboratorio triennali mineralogiche e petrografiche, i costituenti dell’aggregato con risultati in termini percentuali.

Si possono riscontrare diversi aggregati nocivi: 

  • solfati (gesso e anidride);
  • solfuri ossidabili (pirite, marcasite e pirrotina), in cui lo zolfo deve essere
  • minerali potenzialmente reattivi agli alcali (opale, silice amorfa idrata, vetro vulcanico ad alto tenore di silice, quarzo microcristallino, calcedonio, selce, quarzo ad estinzione ondulata);
  • miche e scisti cristallini possono comportare una riduzione nella resistenza meccanica e nel modulo elastico del calcestruzzo.

Per determinare la potenziale reattività alcali – silice vengono eseguite alcune prove di espansione secondo la “UNI 8520-22:2017 - Aggregati per calcestruzzi - Parte 22: Metodologia di valutazione della potenziale reattività alcali-silice degli aggregati” attraverso la valutazione della variazione percentuale della lunghezza media dei provini in un tempo breve (14gg), medio (3 mesi - 6 mesi), e lungo (365gg) nel caso di presenza di materiali potenzialmente reattivi 

 

L'uso degli aggregati di Riciclo

Andrea Dari

Sei favorevole all’uso di aggregati di riciclo - provenienti da demolizione - nel calcestruzzo ? per tutti i calcestruzzi ?

Riccardo Schvarcz

In attesa di specifiche normative sugli aggregati di riciclo le Norme Tecniche consentono l’uso di aggregati grossi provenienti da riciclo, secondo i limiti di cui alla Tabella che segue, a condizione che il calcestruzzo possegga i requisiti reologici, meccanici e di durabilità prescritti.

Per tali aggregati, le prove di controllo di produzione in fabbrica saranno effettuate secondo i prospetti H1, H2 ed H3 dell’annesso ZA della norma UNI EN 12620; per le parti rilevanti, devono essere effettuate ogni 100 ton di aggregato prodotto e, comunque, negli impianti di riciclo, per ogni giorno di produzione.

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Al fine di individuare i requisiti chimico-fisici aggiuntivi che gli aggregati riciclati devono rispettare oltre a quelli fissati per gli aggregati naturali, in funzione della destinazione finale del calcestruzzo e delle sue proprietà prestazionali, occorrerà fare specifico riferimento alla UNI 8520 parti 1 e 2.

A seguito dell’introduzione dei CAM (Criteri Minimi Ambientali)  la richiesta di calcestruzzi che prevedono il recupero e il riutilizzo di aggregati provenienti da demolizioni di edifici, e di calcestruzzi con aggregati contenenti argilla per il recupero degli scarti del calcestruzzo stesso derivanti dal processo produttivo, è in continuo aumento.

Secondo quanto riportato nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2017, infatti, i calcestruzzi devono essere prodotti con un contenuto di materiale riciclato (sul secco) di almeno il 5% sul peso del prodotto.

La disponibilità di aggregati riciclati che abbiano prestazioni omogenee è un elemento critico per le realizzazioni a livello industriale.

Attualmente tra i materiali di uso più comune si trovano le ceneri volanti, le granelle di acciaieria, argilla, sfridi delle ceramiche, scarti delle lavorazioni in marmo.

 

Scegliere l'aggregato giusto

Andrea Dari

Domanda aperta: cosa vuoi aggiungere sul tema degli aggregati del calcestruzzo che non ho toccato con le domande precedenti ?

Riccardo Schvarcz

L’aggregato in una miscela di conglomerato cementizio costituisce all’incirca il 70-75% del volume.

Proprio per la sua caratteristica l’inerte non subisce alcuna variazione volumetrica (dilatazione o contrazione), al contrario del cemento che idratando con l’acqua durante la fase di reazione, in funzione al calore di idratazione e all’acqua evaporata, tende a contrarsi o, in condizioni abbondanti di acqua o valori di umidità relativa significativa, ad aumentare di volume.

Per le sue caratteristiche l’aggregato in una miscela di conglomerati cementizi, deve essere distribuito in modo tale che si raggiunga la compattazione ottimale, quindi con una distribuzione quanto più possibile uniforme della granulometria, in relazione alla curva di Bolomey o di Fuller.

Le variabili nella distribuzione della granulometria sono molte, non solo in funzione delle esigenze e di ciò che si vuole realizzare, ma anche in relazione alla modalità di messa in opera.  

Ad esempio la curva granulometrica si sposterà verso l’alto rispetto la curva ottimale (diventando una curva sovra sabbiata) per poter permettere la messa in opera del calcestruzzo attraverso un pompaggio; per un getto “faccia a vista”,  normalmente,  la tendenza è di arricchire la miscela con materiale fine (sabbia fine con granulometria da 0mm a 2mm).

Nel caso si vogliano realizzare pavimentazioni drenanti (capaci di smaltire rapidamente l’acqua piovana), la curva invece di essere uniformemente distribuita dal diametro più piccolo al più grande, si trasforma in una curva secca “a ginocchio” impiegando prevalentemente due granulometrie ben distinte (una grossolana, cioè piestrisco frantumato, e una sabbia fine ), proprio per creare un gran numero di vuoti utili al drenaggio delle acque meteoriche.