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Calcestruzzo o corallo artificiale: i mattoni viventi per l’edilizia del futuro, anche extra terrestre

Sono forse la soluzione per l’edilizia del futuro, anche extra terrestre ? ecco cosa sono.

Presentati i living building materials (LBM): ecco la nuova soluzione per l’edilizia del futuro, frutto di una ricerca di un team della University of Colorado Boulder.

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Il corallo è costituito da comunità di piccoli polipi che costruiscono, alla base del proprio corpo molle, uno scheletro di carbonato di calcio con funzione protettiva e di sostegno. I polipi crescono uno accanto all’altro, cosicché le secrezioni di calcare si fondono tra loro e si stratificano, arrivando a formare le barriere coralline, come quella australiana, la più estesa del mondo, che copre un’area di oltre 80 mila miglia quadrate. Con la morte dell’organismo, lo scheletro viene colonizzato da altri polipi.


Biomineralizzazione e rigenerazione successiva di materiali edili per l'edilizia ingegnerizzata

Il meccanismo della ricerca pubblicata dal team di scienziati sulla rivista scientifica Matter con il titolo "Biomineralization and Successive Regeneration of Engineered Living Building Materials" ricorda in qualche modo la formazione del corallo.

Nel caso in questione i microrganismi sfruttati dai ricercatori sono i cianobatteri fotosintetici, del genere Synechococcus, fatti cresce su uno scheletro di gelatina e sabbia e mescolati a un mezzo di coltura appropriato.  Le colonie di cianobatteri sono usate per indurire la matrice di gelatina e sabbia, grazie alla loro capacità di precipitare il carbonato di calcio (a partire dagli ingredienti mescolati nel mezzo di coltura) e al tempo stesso renderla viva. 

"Abbiamo usato i cianobatteri fotosintetici per biomineralizzare la matrice di base", ha spiegato infatti Wil Srubar della University of Colorado Boulder, a capo dello studio: "Abbiamo creato qualcosa che è davvero green e sembra una sorta di materiale Frankenstein".

Il carbonato di calcio conferisce un'alta resistenza a questi mattoni, scrivono gli scienziati, paragonabile (riferendosi alla resistenza alla compressione) alle malte cementizie.

Durante la ricerca la gelatina in 24 ore è riuscita a produrre un mattone sufficientemente forte per resistere al peso di una persona. Lasciato poi ad essiccare all’aria (i batteri, privati dell’acqua e dei nutrienti, gradualmente muoiono e il colore verde scompare) raggiunge la massima resistenza, ma poi perde le qualità rigeneranti.

Ma la ricerca ha evidenziato che in condizioni di umidità prossime al 50%, dopo circa un mese, erano vive dal 9 al 14% delle colonie batteriche, e modulando la loro attività metabolica era possibile ottenere fino a tre generazioni a partire da una generazione madre.  Se messi nelle giuste condizioni di temperatura e umidità, i batteri quindi si riprendono, tant’è che tagliando a metà un mattone e aggiungendo ancora acqua, nutrienti e sabbia si possono ottenere due mattoni. E rifacendo lo stesso procedimento da un unico mattone iniziale gli scienziati in davvero poco tempo ne hanno ricavati otto. 

Questa sperimentazione nasce da altre ricerche in cui si era cercato di sviluppare l’attività di microbatteri per l’autoriparazione dei calcestruzzi, con concentrazioni finora era inferiori all'1%.

Ora questa capacità autorigenerante è esplosa all’ennesima potenza: il fatto di essere costituiti da materiale vivente, capace di riprodursi, rende i mattoni in grado di autoripararsi, e quindi di rigenerarsi, purché venga dato in pasto ai batteri nuovi nutrienti (e matrice gelatinosa e sabbia). E a ogni generazione viene aggiunto nuovo carbonato di calcio a causa dell'attività dei microrganismi.

Mattoni viventi: al momento solo un prototipo

Non si tratta di una ricerca con risultati già industrializzabili.

Al momento i ricercatori e gli scienziati hanno precisato si tratti solo di un prototipo da ottimizzare, in cui vanno ancora risolti alcuni problemi: "Siamo di fronte a un materiale che pone le basi per metterne a punto di nuovi che possono essere ingegnerizzati per interagire e rispondere all'ambiente", ha spiegato Srubar, “Se perfezioniamo il processo e adoperiamo specie di batteri che crescono a velocità maggiori, si può teoricamente passare da un approccio di produzione lineare a un approccio di produzione esponenziale”.

Magari anche su Marte, in condizioni estreme, ha aggiunto lo scienziato: "Questi materiali potrebbero funzionare specialmente bene perché usano la luce del sole per crescere e proliferare con pochi materiali necessari alla loro formazione".

Il lavoro è stato finanziato dalla DARPA (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata della difesa degli Stati Uniti) e Srubar afferma che il team è ora in trattative con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti per aumentare la produzione di questo biomateriale e pilotarne l’uso nelle costruzioni.

Un progetto sui mattoni viventi anche in Italia

Un progetto analogo era stato sviluppato anche con il supporto della Ricerca Italiana: il progetto LiaAr che grazie all’utilizzo della tecnologia Living brick (mattone vivente) ha creato un prototipo in grado di utilizzare processi biochimici per riciclare le acque reflue e produrre energia. Il progetto è stato presentato nel 2016 da Rachel Armstrong della Newcastle University coordinatrice del progetto e da Davide De Lucrezia, di Explora Biotech società italiana con sede a Mestre e Roma che ci occupa della parte microbiologica del processo.

I “mattoni viventi” di Liar sono all’avanguardia della progettazione di “living architecture,” in cui l’ambiente costruito adotta proprietà dei sistemi viventi, senza però raggiungerne lo status a tutti gli effetti: incorporano una pila a combustibile microbiologica e producono la propria energia, con cui condurre attività utili e generare un habitat in grado di nutrire i microorganismi non-umani che vi risiedono.


Fonti utilizzate per l'articolo: 

  • Biomineralization and Successive Regeneration of Engineered Living Building Materials, Chelsea M. Heveran, Sarah L. Williams, Jishen Qiu, Sherri M. Cook, Jeffrey C. Cameron, Wil V. Srubar III (LINK)
  • Ecco il materiale Frankenstein, un calcestruzzo "vivente" per costruire su Marte, Mara Magistroni (WIRED)
  • I mattoni viventi per gli edifici del futuro, Anna Lisa Bonfranceschi (Repubblica)
  • Un cemento “vivente” trasforma i batteri in mattoni replicanti, di Gianluca Riccio (Futuro Prossimo)