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Pertinenze: tutte le differenze tra nozione civilistica e urbanistico/edilizia in una sola sentenza

Il Consiglio di Stato fornisce importanti chiarimenti sulla differenza tra la nozione civilistica di pertinenza e quella a fini urbanistico/edilizi

Pertinenze: le differenze tra nozione civilistica e urbanistica

Lo sapevate che le pertinenze edilizie sono 'diverse', a seconda che si consideri la nozione civilistica oppure quella a fini urbanistico/edilizi? Per chiarire e dirimere una questione annosa e spinosa, ci viene in 'soccorso' il Consiglio di Stato che nella recente sentenza 904/2019 del 6 febbraio scorso, ha effettuato una sorta di riepilogo delle differenze che intercorrono tra la nozione civilistica di pertinenza e quella a fini urbanistico/edilizi.

Nuovo volume: la pertinenza diventa un manufatto edilizio

La chiave di volta è che ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera come, ad esempio, una tettoia, che ne alteri la sagoma.

Nello specifico:

  • la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto a opere di modesta entità e accessorie rispetto a un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici “et similia”, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, di tal che ne risulti possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica (cfr. Cons. St., Sez. VI, 2.1.2018, n. 24, 2.2.2017, n. 694, 4.1.2016, n. 19, 11.3.2014, n. 3952; Sez. V, n. 817 del 2013; Sez. IV, n. 615 del 2012);
  • a differenza della nozione civilistica di pertinenza, ai fini edilizi un manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incide sul "carico urbanistico" mediante la creazione di un "nuovo volume" (v. Cons. Stato, Sez. IV, 2.2.2012, n. 615, cit.).
  • nell'ordinamento statale vige il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente) quando si tratti di un "manufatto edilizio" (cfr. Sez. VI, 24.7.2014, n. 3952). Fatta salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera come, ad esempio, una tettoia, che ne alteri la sagoma”.

Alterazione dello stato dei luoghi: carattere pertinenziale escluso

Nel caso di specie, il carattere pertinenziale dell’opera è escluso proprio in ragione del fatto che si tratta di un intervento di tutt’altro che ridotta o esigua dimensione. Viene in questione una struttura di dimensioni di entità tali (circa 345 mq) da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui è stata inseritta con evidente trasformazione del territorio e alterazione dello stato dei luoghi.

Quindi, conclude il Consiglio di Stato, è corretta la decisione comunale, avallata nella sentenza impugnata, di applicare la sanzione della demolizione di cui all'art. 31 dpr 380/2001 (a differenza di quanto sostienela parte appellante, la quale invoca, implicitamente ma non per questo meno sicuramente, la irrogabilità di una sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 37 considerando inapplicabile il regime sanzionatorio di cui all'art. 31 del TUE).

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