Condoni e Sanatorie
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Condono edilizio: di chi è l'onere della prova? Ecco come comportarsi

Tar Lombardia: l’onere della prova circa l’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria

Condoni edilizi: oggetto preciso e onere della prova

L'onere della prova per l'ultimazione dei lavori utili ad ottenere il condono edilizio grava sempre sul richiedente la sanatoria. E' da tenere in forte considerazione, quanto affermato dal Tar Lombardia nelle sentenza 2735/2018 del 5 dicembre scorso, relativa al diniego comunale di condono presentato per l’avvenuta realizzazione senza titolo di un porticato con struttura in legno e realizzazione di tettoie con struttura verticale ed orizzontale in tubolare di ferro, realizzazione di un box ed un ripostiglio con le seguenti modifiche rispetto al progetto originario: modifiche aperture box, chiusura finestra box, modifica delle altezze del box e del ripostiglio, tamponamento verticale e formazione di una porta d'ingresso al ripostiglio.

Onere della prova: spetta al richiedente la sanatoria edilizia

I giudici amministrativi lombardi hanno chiarito che, per costante giurisprudenza, l'onere della prova circa l’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria, dal momento che solo l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione di un manufatto e, in difetto di tali prove, resta integro il potere dell'Amministrazione di negare la sanatoria dell'abuso (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2018 n. 1837).

Nel caso di specie, secondo i ricorrenti:

  • il comune ha qualificato come non realizzata la tettoia alla data del 31.3.2003 in quanto non presente al momento del sopralluogo, senza prendere atto del fatto che la tettoia fosse stata solo parzialmente smontata per effettuare le riparazioni e le manutenzioni che avevano condotto ad asportarne temporaneamente la copertura;
  • l'atto sarebbe illegittimo in quanto la mancanza di una sola tettoia, comunque, non potrebbe comportare il diniego totale della domanda di condono inoltrata il 31.3.2004, la quale riguarda infatti anche altri manufatti, diversi dalla tettoia in questione, non interessati da alcuna contestazione da parte del comune e dunque da assentire;
  • il diniego risulterebbe inficiato da un ulteriore vizio procedurale costituito dalla mancata acquisizione del necessario parere della Commissione Edilizia Comunale in ordine all'istanza di sanatoria denegata.

Per il Tar, che parte dalla fine, quanto alla censura relativa alla mancanza del parere della Commissione edilizia, va ribadito il consolidato orientamento, secondo il quale "la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all'ordinario procedimento di rilascio della concessione a edificare e l'assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il rilascio della concessione in sanatoria, il parere della Commissione edilizia non obbligatorio ma, tutt'al più, facoltativo, al fine di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi, in assenza dei quali il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla semplice verifica dei presupposti e condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore" (CdS, IV, n. 5619 del 2012; Cons. Stato, IV, 05/05/2017 n. 2071).

Inoltre:

  • in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione (ex multis Tar Bari, (Puglia), sez. III, 03/04/2018, n. 496; Tar Napoli, (Campania), sez. VI, 05/03/2018, n. 1407);
  • non è possibile quindi desumere dalla presunta attività di manutenzione, evidentemente illecita, la preesistenza delle opere nella stessa consistenza e funzionalità. Né a tale risultato può giungersi valutando parti accessorie di tali opere in quanto il bene oggetto di condono deve sussistere nella sua completezza;
  • la circostanza che non sia stata data compiuta dimostrazione delle caratteristiche della tettoia prima del suo (asserito) temporaneo smontaggio rivela un ulteriore profilo ostativo al condono. A ciò si aggiunge che non era stata depositata la documentazione fotografica richiesta dall'art. 32, comma 35, lettera a) del D.L. 30.09.2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 30.09.2003, n. 326. Le prove, in definitiva, non ci sono ed è una mancanza del richiedente.

Condono edilizio: l'importanza dell'oggetto

Il ricorso è invece fondato nel secondo profilo di gravame, poiché l'oggetto del condono è più ampio della sola realizzazione della tettoia, della cui esistenza si è discusso. Ciò si desume anche dal fatto che il comune ha chiesto la ripresentazione di nuovi elaborati grafici per gli altri illeciti estranei
alla "tettoia". Ne consegue che un diniego totale del condono, motivato con riferimento alla sola tettoia, è illegittimo per difetto di motivazione, dovendo invece il comune esaminare tutte le richieste effettuate dal ricorrente, fatta salva l’ipotesi della loro inscindibilità che nel caso di specie non è
provata.

In definitiva, il ricorso va parzialmente accolto con conseguente obbligo del comune di provvedere al riesame dell'istanza per la parte diversa dalla c.d. tettoia, ma la domanda risarcitoria va respinta in quanto i ricorrenti non hanno dato la prova della piena condonabilità dei manufatti diversi dalla tettoia e della completezza della relativa domanda, posta in dubbio dal comune con la richiesta di integrazione documentale.

LA SENTENZA INTEGRALE E' DISPONIBILE IN FORMATO PDF

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