Data Pubblicazione:

Passato e futuro Off Site Manufacturing: Ripensare Industrialmente i Settori delle Costruzioni e dell'Immobiliare

Leggi l'ultimo del prof. Angelo Luigi Camillo Ciribini sul passato e futuro dell'Industrializzazione Edilizia

Passato e futuro dell'Off Site Manufacturing: Ripensare Industrialmente il Settore delle Costruzioni e dell'Immobiliare come Innovazione dell'Identità

ANGELO-CIRIBINI-03.jpg
Lo scenario estremo che taluni osservatori hanno prospettato per il «2050», inteso come il «futuro del costruire» (in realtà, lo scenario di lungo termine), prevede catene di fabbriche interconnesse e sincronizzate - di cui una parte dislocate sul luogo stesso di assemblaggio con dispositivi di manifattura additiva - in cui in tempo reale si producano componenti edilizi e impiantistici complessi nonché interoperabili che saranno messi a sistema in cantieri interamente automatizzati e robotizzati: disumanizzati o, al più, popolati da operatori dotati di esoscheletri.

È questo uno scenario la cui probabilità di avverarsi appare assai dubbia, i cui tratti sono indubbiamente inquietanti, ma che invita a immaginare una radicale discontinuità con le prassi attuali, definibili come «tradizionalmente evolute».
Questa nota merita una doverosa precisazione: a dispetto di questa rappresentazione, di novità concettuali, rispetto a molti decenni or sono, ve ne sarebbero assai poche e, peraltro, gli elementi più innovativi della «autonomazione» sono invisibili, celati dietro ad algoritmi, piuttosto che resi palesi grazie agli automi.
 
Gli argomenti principali in esso trattati, in merito alla Industrializzazione Edilizia, vale a dire informazione, efficacia, tempestività e produttività, ricorrono, infatti, sistematicamente dagli Anni Quaranta a oggi, senza trovare una sistemazione definitiva nell'annoso confronto tra la Costruzione e la Manifattura. Persino i risvolti più inediti, quali quelli concernenti la digitalizzazione, sono rintracciabili già a partire dagli Anni Sessanta.

Si tratta di una annotazione assai preoccupante, poiché, a fronte di un innalzamento della complessità dei mercati, gli argomenti appaiono attuali nella loro irresolutezza, tanto più in un Paese come il nostro, da meritare, da parte di Sergio Poretti, questa sentenza lapidaria e ricca, peraltro, di elementi del tutto confutabili in merito alla qualità architettonica arrecata dall'industrializzazione dell'edilizia, ma non per questo meno significativi:
«all'indomani della seconda guerra, ed è questa la vera singolarità, dopo un dibattito vivace e numerosi esperimenti sulla prefabbricazione, alla fine viene ribadita l'esigenza di conservare la costruzione artigianale. L'industrializzazione, intesa come trasformazione complessiva del modo di costruire, è ulteriormente rinviata. E quando arriverà, finito il miracolo economico, sarà un fenomeno ormai anacronistico. Si ridurrà all'importazione di tecniche costruttive del tutto estranee alla tradizione italiana. Durerà pochi anni, coincidenti con uno dei periodi meno felici dell'edilizia e dell'architettura italiana».

In ogni modo, è lo stesso studioso romano a ricordare che «le iniziative sono tante: dalle associazioni imprenditoriali, come l'AIP, alla istituzione di organismi scientifico-burocratici, come l'ICITE; dagli studi sulla unificazione, sulla normativa e sul controllo della qualità, alla promozione della ricerca, con l'istituzione dell'AIRE, con i programmi speciali del CNR; da azioni divulgative come il SAIE di Bologna, alla costituzione di organismi tecnici specializzati, come l'Italstat, la Montedil, la Tecneco, la Tecnocasa. Nel frattempo la tesi dell'industrializzazione rivoluziona la ricerca accademica sull'edilizia».

Per alcuni tratti, pure le locuzioni, ormai in disuso, di «coordinazione modulare» e di «sistema leggero e aperto», ritornano implicitamente proprio perché il Building Information Modeling, operando per entità tridimensionali, oltre a riproporre ciò che è definito come «volumico, relazionale e parametrico», richiama il tema essenziale delle (inter)connessioni e, di conseguenza, l'interoperabilità si traduce nelle relazioni assicurate dai «giunti».

Non per niente, la gestione delle informazioni, nel contesto della (Nuova) Industrializzazione Edilizia si riconnette alla Ingegneria dei Sistemi, solo che ciò, diversamente dal secolo precedente, avviene sul doppio registro, della materialità e dell'immaterialità, delle relazioni tra componenti e tra utenti.
Naturalmente, l'enfasi che un tempo si riponeva sulla «serialità» (da cui il ruolo della normazione) oggi è accentrata sulla «versatilità» assicurata dalla computazionalità e dalla flessibilità dei sistemi produttivi, abilitate digitalmente.
 
In ogni modo, il tema della trasposizione dei processi produttivi manifatturieri nella Costruzione appare ambiguo anche perché, se la Industrializzazione Edilizia copre tuttora una quota relativamente modesta dei mercati (oltre che, in Italia, soffre pure una forte marginalità in alcuni segmenti del mercato), il tasso di automazione e di robotizzazione nella realizzazione di singoli elementi costruttivi (da posare o da gettare in opera) è, comunque, al contrario, elevato.
Per questa ragione, può avere senso una contrapposizione tra On Site e Off Site a patto che non si trascuri la osservazione sopra detta, anche in virtù del fatto che se un tempo l'industrialesimo vedeva la propria essenza più nella razionalizzazione dei processi costruttivi piuttosto che non nella prefabbricazione, ora quella razionalità ha assunto una veste strettamente computazionale in termini di Knowledge Management.
 
Vi è anche da dire che si trovano, nella pubblicistica, ulteriori distinzioni tra Off Site Construction e Off Site Manufacture, che ne costituirebbe una evoluzione olistica, così come Smart Construction ne è considerato un sinonimo.
Tutto il racconto che, infatti, le principali consultancy svolgono sulla Industrializzazione è rigorosamente speculare a quello proposto per i processi digitali, tendendo a sottolineare la natura analogica dei processi costruttivi «tradizionali».
Per alcuni, peraltro, è la prevalenza di attività (non di mero assemblaggio) eseguite in cantiere da una molteplicità di soggetti e con relazioni contrattuali conflittuali a determinare una condizione non coerente con i criteri della manifattura digitale, a prescindere dalla produzione dei singoli materiali, semilavorati e così via dicendo.
La qual cosa evidenzia una duplicità della mancata natura industriale: lo svolgimento minoritario delle lavorazioni in fabbrica, con una pianificazione aleatoria successiva, e il quadro contrattuale oppositivo tra le parti, oltre che una loro sequenzialità.
In altre parole, se la «modernità» della Industrializzazione è, in primo luogo, dimostrabile attraverso i contenuti produttivi, essa, tuttavia, non regge in assenza di quelli contrattuali.
Ecco la ragione per cui Information Modeling, Project Alliancing e Modern Methods of Construction si saldano nella narrazione. 

La posta in gioco

Queste premesse devono, dunque, indurre a meditare sulla ragione per cui la inveterata questione possa, infine, risolversi a favore del côté manifatturiero.
Il punto centrale sta, tuttavia, nella citazione seguente del significato profondo del successo di WeWork, nell'ambito della locazione degli spazi di lavoro (in verità, della experience provision) tanto più avendo stipulato l'alleanza con BIG, che a parere di Chris Woodward, così si riassume: «this is where WeWork becomes so fascinating. They are not so much a real estate startup, as many presume, but an experience provider within the physical world. Everything they have done of late, starting with offices and branching out to residential and education products, is built around the lifestyle or experience which they want to provide to their customers. They have integrated vertically towards experience rather than the physical product».
 
La tesi prodotta è, dunque quella secondo cui il compimento della parabola industriale avvenga a patto di passare a una dimensione ulteriormente altra, rivolta al servizio, in un ambito, invero, degli spazi e delle forme dell'abitare che la cultura architettonica ha sempre preteso di interpretare al meglio.

Non è un caso, peraltro, che il grande tema complementare a quello della digitalizzazione, a supporto della (Nuova) Industrializzazione, cioè dell'Agile e dello Smart, definibile come Circular, Clean, Green, Resilient, Sustainable, si concentri originariamente sulle prestazioni dei cespiti, ma che, poi, all'insegna dell'efficienza energetica, del ciclo di vita, dell'impronta ambientale, sfoci nel benessere, vale a dire, del comportamento (degli occupanti/utenti), che, come si vedrà, è determinante.
 
Una ulteriore traccia di questo passaggio è agevolmente rinvenibile nella nozione di Digital Twin, che il Centre for Digital Built Britain considera come «a dynamic model of an asset, with input of current performance data from the physical twin via live data flows from sensors; feedback into the physical twin via real-time control».

In altri termini, da un lato, si giunge, attraverso la «sostenibilità» alla Occupancy, vale a dire alla fruizione, mentre, per un altro lato, grazie alla Building Performance Engineering, che è anch'essa un portato degli Anni Cinquanta e Sessanta, tramite la System Engineering, si arriva alle Operations, vale a dire a ciò che oltrevalica gli aspetti puramente manutentivi.
È da riconoscere, peraltro, che l'approccio di allora, ovviamente in termini più deterministici (anche nel senso letterale delle tecniche di simulazione), già poneva, attraverso le esigenze dei fruitori, i requisiti e le prestazioni al centro di quello che attualmente è possibile considerare come un nuovo business model.

La (Nuova) Industrializzazione Edilizia

Intelligenza artificiale, progettazione generativa, manifattura additiva, automazione e robotica, contratti intelligenti, blockchain digital supply ledger, stanno divenendo citazioni quasi obbligate nella pubblicistica che riguarda l'On Site Construction e, soprattutto, l'Off Site Manufacturing.

On Site Construction

La prima è, altresì, definita Traditional On Site Construction, intendendosi implicitamente con essa i due corni del problema, vale a dire i fattori salienti che affliggono il settore: la scarsa produttività e la carenza di manodopera qualificata.
È interessante osservare che l'incipit del tema concerna una diversa predisposizione dell'acquirente e dell'utente nei confronti di una inedita concezione del prodotto immobiliare, così come la scommessa relativa alla riconfigurazione dell'intera catena di fornitura.
Per il primo caso, il Pre Cast, nel mentre che intende dimostrare il suo stato di non precarietà (a cui era stato spesso associato), accetta paradossalmente una natura evolutiva, di prodotto immobiliare disponibile a modificarsi, ad ampliarsi o a ridursi e, comunque, a trasformarsi, oltre che a interagire con gli utenti.
Per certi aspetti, tale dinamicità lo rende «mobile», in funzione delle mutevoli esigenze dei fruitori.
Nella seconda evenienza, tale prodotto deriva da una stretta integrazione tra i saperi e tra gli attori, attualmente smentita dalla mentalità diffusa, dai modelli organizzativi vigenti e dai quadri contrattuali utilizzati.
 
In un certo senso, facendo leva sulla rivisitazione e della Domanda e dell'Offerta, si ritiene di poter rivitalizzare il comparto: stravolgendolo, appunto.
L'esempio più formalizzato dell'ambizione di costituire una piattaforma digitale industriale per il Settore della Costruzione, tema sollevato anche in sede comunitaria con un apposito provvedimento, si deve a Singapore, dove si intende realizzare un Ecosistema volto allo Integrated Digital Delivery, a seguito di un lavoro preparatorio che ha visto BCA a lungo protagonista.
Non dissimile appare l'intendimento manifestato a Hong Kong.

Off Site Manufacturing

Per l'Off Site Manufacturing, tuttavia, la necessità di disporre di un sufficiente e duraturo volume della Domanda, specie Pubblica, in virtù della ingenza dell'investimento in impianti produttivi, da dislocare opportunamente anche con soluzioni «volanti», appare uno dei principali vincoli, di cui si ritorna a discutere, specie in materia di edilizia residenziale, in Francia, in Germania e nel Regno Unito, a proposito, specificatamente del fabbisogno abitativo, tema, non a caso, «da dopoguerra», oggi legato ai migranti e alle classi disagiate, che era stato, in precedenza, in Francia, uno degli obiettivi formulati dall'allora presidente Hollande.
Un ulteriore riferimento è rinvenibile nella cosiddetta Loi ELAN, la legge 1021/2018 portant évolution du logement, de l'aménagement et du numérique.
Nel Regno Unito, all'interno del Construction Deal e della Construction Strategydedicate al settore, l'Off Site Manufacturing ha idealmente sostituito, nello storytelling, in continuità, il Building Information Modeling, quasi a completare un processo logico, già avvenuto negli Anni Cinquanta e Sessanta, di contiguità tra «informazione» e «industrializzazione».
La compagine governativa, da tempo, ha deciso di investire nei Modern Methods of Construction per quanto riguarda i settori dell'edilizia scolastica, militare, ospedaliera e residenziale, utilizzando anche i casi infrastrutturali offerti da Crossrail e HS2.
Il Governo Britannico, per questa ragione, ha recentemente indetto una consultazione pubblica sul tema della (Nuova) Industrializzazione Edilizia, che fa seguito a iniziative come quelle auspicate da attori che godono attualmente di un grande credito presso i decisori politici, come Mike Farmer (Cast) e Jaimie Johnston (Bryden Wood), oltre che da una ampia audizione degli operatori promossa dalla House of Lords e da un interessante survey di Clyde & Co.
Mike Farmer, che nel 2016 aveva pubblicato un rapporto dal titolo minaccioso (che intimava alla scomparsa coloro che non avessero ottemperato ai modi della «modernizzazione») ha, più recentemente, curato, come Cast, uno studio per conto di Mace.
Jaimie Johnston, all'interno di Bryden Wood, ha percorso un cammino lungo alcuni anni, inizialmente focalizzato sull'edilizia residenziale, ospedaliera e scolastica, che ha condotto a produrre una serie di rapporti dedicati alle piattaforme industriali digitali sotto l'egida del Centre for Digital Built Britain.
È, comunque, interessante notare che il tema, nella prospettiva di una politica industriale, sia avvertito maggiormente in Germania o nel Regno Unito piuttosto che in Francia o in Italia.

Le piattaforme industriali digitali

A questo proposito, è poi stata costituita la Transforming Construction Alliance, che dovrebbe garantire ulteriormente la saldatura tra gli universi della Costruzione e della Manifattura, con il Core Innovation Hub.
Tale intento, abilitato digitalmente, dovrebbe tradursi nella costituzione di una piattaforma digitale industriale del tipo di quelle reperibili in ambito manifatturiero, in grado di supportare una offerta di soluzioni prefabbricate modulari, cosiddette interoperabili, adatte a tipologie diversificate, gestite attraverso la mass customization: piattaforma probabilmente non dissimile da quella di Singapore già citata.

L'iniziativa, che è strettamente legata agli obiettivi di contenimento/ottimizzazione della spesa pubblica e di incremento/valorizzazione della produttività, evoca antiche nozioni, legate alla prefabbricazione, quale, quella, ad esempio, come detto, della modularità e della sua coordinazione.
Vi è da dire che vi sono sul tavolo alcune ipotesi, formulate attraverso attori del mercato, addirittura di condividere piattaforme digitali e impianti produttivi tra il settore della Costruzione e quello dell'Autoveicolo.
Ciò, tuttavia, rimanda in campo, appunto, il fatto che si tratti di immaginare piattaforme fortemente finalizzate a un progetto industriale che tende a sovvertire gli abituali rapporti tra progettisti, produttori, distributori e costruttori e non può essere proposto come il luogo generico della simmetria informativa e della convergenza ecumenica.
Sotto questo profilo, termini come «coordinamento» sono del tutto inefficaci, poiché avendo la qualità del dato un valore sempre crescente quale asset aziendale, la sua condivisione si farà sempre più problematica.
Il cuore della consultazione verte sulla natura computazionale e combinatoriale di oggetti digitali che corrispondono, appunto, agli elementi costruttivi e impiantistici e, soprattutto, ai loro dispositivi connettivi.
Occorre, perciò, indagare le ragioni per le quali ciò che si definisce (Nuova) Industrializzazione Edilizia (conosciuta e denominata anche attraverso definizioni differenti, quali Design for Manufacture & Assembly, Modern Method of Construction, Modular Building, Off Site Manufacturing, Prefabrication, System Building, Volumetric Building), sta conoscendo, sui mercati internazionali, e pure su quello domestico, un forte ritorno di interesse: basti pensare al caso tedesco, in cui sullo Industrielles Bauen (in verità, anche denominato Serielles) si registra una forte sintonia, non si sa in che misura duratura, tra tutte le rappresentanze a proposito della cosiddetta Wohnungsoffensive, «offensiva sulla residenza», vale a dire un grande programma di investimenti che coinvolge il Governo Federale, gli Stati e le Municipalità.
Degna di nota è, in particolare, la presa di posizione da parte dell'Associazione dei Costruttori Germanici, utilizzando sempre le argomentazioni sopra illustrate.
 
Ovviamente, il presupposto affinché la produzione possa avvenire nelle fabbriche, in luoghi, cioè, caratteristici della manifattura, controllati e protetti, si declina attraverso l'automazione e la robotizzazione, ma, specialmente, grazie alla sincronizzazione di impianti dislocati in remoto tra loro e connessi in tempo reale ai consumatori.
Esso, tuttavia, implica, anzitutto, che vi sia una classe di progettisti, architetti e ingegneri, disponibili a ricercare l'unicità della soluzione distributiva e compositiva seguendo vincoli ed esigenze tipiche di un contesto prossimo alla manifattura e accettando in pieno il paradigma dell'anticipazione.
Si tratta di una ipotesi non facilmente realizzabile, al di là delle grandi strutture di progettazione, a causa di una radicata frammentazione del tessuto professionale, abituato a pensarsi in maniera individualistica e a valorizzare la distinzione tra detentori della creatività, loro consulenti tecnici ed esecutori.
Non per nulla, nel periodo più felice della industrializzazione dell'edilizia del secolo precedente, i migliori apporti venendo, attraverso il Componenting dagli architetti più impegnato nel campo del Design, mentre ora il valore aggiunto sembra essere riposto sugli edifici a energia positiva, sulla decarbonizzazione e sul Life Cycle Assessment.
La stessa esigenza di mettere a sistema i progettisti prevede che il numero dei soggetti nella catena di fornitura sia drasticamente ridotto, così come l'intensità di capitale umano: progettisti troppi distanti dalle logiche produttive, una serie di produttori nella filiera, alcuni distributori e, soprattutto, i costruttori potrebbero scomparire dalla supply chain.
Detto per inciso, può essere che, analogamente all'autoveicolo elettrico, anche il numero dei componenti possa subire la stessa sorte.
 
In ogni caso, è evidente che la (Nuova) Industrializzazione Edilizia promette di ribaltare i rapporti negoziali e di eliminare numerosi soggetti dalla filiera, a dispetto delle narrazioni consolatorie sulla digitalizzazione.
 
La necessità di avvicinare maggiormente la Construction Industry a quelle dell'Automotive e dell'Aerospace è dovuta certamente al rilievo assunto dalla Quarta Rivoluzione Industriale, ma dipende dal desiderio di rendere il processo edilizio maggiormente prevedibile e produttivo.
In questo contesto, il montaggio/assemblaggio dell'opera rispetterebbe tempi certi, genererebbe costi predefiniti, garantendo maggiormente i livelli prestazionali nell'edificio nel ciclo di vita.
L'analogia dell'edificio con l'automobile e con l'aeromobile è stata, inoltre, recentemente affiancata da quella relativa allo smartphone, che sta a significare non solo una elevata standardizzazione, ma anche la capacità della piattaforma di auto-concepire buona parte del sistema costruttivo nelle successive versioni.
L'Industrializzazione Edilizia aveva, peraltro, conosciuto una notevole fortuna, specialmente in Europa, nel corso dei Gloriosi Trenta (1945-1973), da entrambi i lati della cortina di ferro, per vivere, poi, un certo declino di popolarità che ha nei Grand Ensemble francesi e nel Corviale italiano icone formidabili, ma che contempla anche il collasso strutturale dei Large Panel System nel 1968 a Ronan Point.
I Britannici, tra l'altro, avevano vissuto l'esperienza negativa del Consortium of Local Authorities Special Programme (CLASP), rinominato ironicamente collection of loosely assembled steel parts.
 
È, però, significativo che recentemente Tide Construction stia promuovendo a Croydon la realizzazione di un edificio di oltre quaranta piani di carattere modulare.
Altre iniziative hanno riguardato Laing O'Rourke con Network Homes e Stanhope, Urban Splash e SIG, Berkeley Group, Aecom, Arcadis, Atkins, Mace, Bouygues.
I caratteri della (Nuova) Industrializzazione sono improntati, quindi, ad apertura, leggerezza, circolarità, sostenibilità e, in ciò, si pretendono incommensurabilmente migliori, architettonicamente e tecnologicamente, di quelli della prefabbricazione tradizionale e reimpiegabili, ad esempio, nell'edilizia residenziale e in quella scolastica.
Le modalità attraverso cui tale fenomeno si ripropone sono, come anticipato, caratterizzate dai sistemi di produzione snelli, dai sistemi versatili di produzione, dall'automazione e dalla robotica, abilitati dalla possibilità di operare in tempo reale e in remoto grazie ai protocolli di interconnessione, caratteristici della Industrie 4.0 e dell'Industrial Internet of Things.
Per questo motivo, si citano spesso ecosistemi e piattaforme digitali, governate attraverso i principî dell'Ingegneria dei Sistemi, secondo un approccio cibernetico, simile a quello ipotizzato negli Anni Cinquanta e Sessanta.
L'ambizione è, dunque, di costituire market place capaci di assicurare la maggior interoperabilità possibile tra produttori differenziati, come per il «telaio» dell'automobile.
L'icona dello chassis ricorre, ad esempio, dal caso residenziale che Bryden Wood aveva curato per San Pietroburgo anni fa, ma essa richiama esclusivamente componenti tangibili, mentre quello proposto da Aditazz per Kaiser Permanente in ambito ospedaliero (familiare anche ai Britannici) verteva sulla vera posta in gioco, le componenti immateriali: spazi, flussi, percorsi, ..., comportamenti.
 
Lo sforzo di riconfigurare il settore in termini circolari, digitali e sostenibili comporta, tuttavia, anzitutto, che i progettisti siano sintonizzati su questa lunghezza d'onda, che presuppone collaborazione e integrazione con gli altri attori del processo.
 

I nuovi modelli organizzativi, i nuovi operatori e i nuovi prodotti immobiliari

Più in generale, questo approccio comporta, come affermato, un accorciamento della catena strategica di fornitura e una alleanza (anche sotto il profilo contrattuale) tra i diversi operatori che impone la condizione della massima collaborazione e integrazione.
Tutto questo, d'altronde, richiede, pertanto, anche un nuovo accordo tra produttori, distributori e costruttori, con le conseguenze immaginabili: il che è valevole anche per i nuovi market place digitali come ProMaterial o ROOBEO, al servizio delle MPMI nell'On Site Construction.
Se, peraltro, da un lato, alcuni costruttori hanno pesantemente direttamente investito nella Industrializzazione, come Laing O'Rourke, o lo stanno facendo, come Balfour Beatty o Mace, altri ovviamente dovranno fungere da assemblatori entro un contesto determinato dai produttori.
Ciò che conta è, perciò, il fatto che per progettisti e costruttori l'accettazione acritica dei paradigmi della (Nuova) Industrializzazione Edilizia li porrebbe in una posizione critica, poiché, come indica Katerra per tutti, il governo della catena di fornitura, drasticamente semplificata in termini di Lean Construction, cioè eliminando tutti i soggetti giudicati «inutili», ridurrebbe forse i costruttori a meri assemblatori.
 
Anche in un contesto più «tradizionale», come si è visto, i digital market place, sorti da BIM Library, promettono, comunque, di sconvolgere il ruolo di distributori e costruttori.
A parte ciò, il fattore di maggiore novità è dato dal fatto che i dispositivi che riguardano le Smart Home e i Cognitive Building, unitamente all'adozione di algoritmi relativi all'Artificial Intelligence, al Deep Learning e al Machine Learning, permettano di immaginare i cespiti come erogatori diretti di servizi alle persone.
Anche la diffusione delle Prop Tech sembra andare, peraltro, nella stessa direzione.
Questa sfida appare, peraltro, del tutto coerente con l'idea che il Settore della Costruzione e dell'Immobiliare, come Settore dell'Ambiente Costruito, si occupi direttamente di esiti socialmente rilevanti.
Qui risiede un passaggio importante, poiché l'opinione prevalente è che il comparto valga come moltiplicatore del prodotto interno lordo interagendo con altre filiere produttive nel campo dei beni materiali, ma in questa sede si allude alla sua estensione ai societal challenge, una sfida ben più rilevante.
 
Sarà possibile immaginare, allora, un Configuratore Computazionale capace di contemperare distribuzioni spaziali, soluzioni costruttive e modalità comportamentali degli utenti e dei fruitori?
Potremmo, in questo modo, andare verso una User-Centric Occupancy?
In che modo ciò influirà sulle identità degli operatori e sulla natura dei prodotti immobiliari?
 
Alla rincorsa dei paradigmi industriali, allorquando Ford Motor Company e General Motors stanno attuando ingenti investimenti per trasporre il proprio ambito di azione dall'Autoveicolo come prodotto alla Mobilità come processo, i Big Player del Settore della Costruzione e dell'Immobiliare dovrebbero mutare il proprio sguardo dal Cespite alla Vita.
Il problema è che il comparto recepisce le innovazioni tecnologiche negli aspetti esteriori: la «domotica» (termine non certo recente), ad esempio, è percepita come un «supporto», mentre, proprio con riferimento alla (Nuova) Industrializzazione Edilizia è il manufatto, o meglio il sistema costruttivo, a essere tale.
Lo stesso vale per la componente circolare e sostenibile della Industrializzazione (che non equivale necessariamente a Prefabbricazione), che appare spesso come uno dei fattori di differenziazione col passato dell'Off Site e col presente dell'On Site, ma che potrebbe fungere semplicemente da dispositivo di legittimazione.
Per questa ragione, il rischio che corrono gli operatori è di travisare il fatto che supporre di portare a compimento una parabola industriale secolarmente incompiuta sulla base dei presupposti originari potrebbe dar luogo a un clamoroso equivoco relativo alla «centralità» del bene tangibile entro la strategia delle «Tesla» di turno (e Katerra, in effetti, proprio da lì prende avvio).
 
Dopo Amazon (Alexa è ormai, peraltro, sulle pagine dei grandi quotidiani a tiratura nazionale: Google Home fa parte dei premi offerti da uno dei soggetti della GDO), ora anche AirBnb indica una strada inedita, vale a dire, il paradosso per cui, allorché si presume che gli elementi costruttivi e impiantistici dello Off Site Manufacturing possano apparire assai migliori dei loro predecessori del secolo scorso, non è più tale customizzazione a essere decisiva, bensì la dimensione as a Service e Cognitive del prodotto immobiliare.
Airbnb, come WeWork, in realtà, acquisisce competitività effettuando Giant Data Analytics sui comportamenti rilevati dei tenant: questa è la vera industrializzazione del dato, cioè della conoscenza.
Per questa ragione, si parla di Innovazione delle Identità, che è un tema ben più sconvolgente di quello relativo all'Innovazione del Prodotto o del Processo.
D'altra parte, se si osserva con attenzione, ai programmi di BIM Authoring, dopo aver aggiunto il modulo di Visual Programming, ora si accosta quello per le Data Analytics.
In altri termini, dopo aver introdotto elementi di automazione delle scelte progettuali, si addizionano aspetti di intelligence sui processi ideativi.
Non è, peraltro, un caso che la stessa Autodesk investa, in una ottica «manifatturiera», in Project Frog e che la collaborazione tra Bentley e Siemens per la transizione del BIM nel PLM sia significativa.
La tendenza a considerare la digitalizzazione come un mezzo per efficientare è pericolosa, poiché ci fa dimenticare che essa può rendere gli operatori, invece, strumenti della stessa: per sconvolgere le identità.
D'altronde, Denise Chevin notava come «a potentially disruptive trend in the offsite sector is the emergence of new partnerships between consultants and manufacturers, or consultants and developers – potentially cutting out the contractor "middle men"».

La (Nuova) Industrializzazione Edilizia e la Rigenerazione Urbana

In Italia, atteso che sopravviva, per quanto contratta e circoscritta ad alcuni segmenti di mercato, una prefabbricazione tradizionale in conglomerato cementizio armato e che se ne stia sviluppando un'altra in legno o, più raramente, in acciaio, l'Offerta, oltre che la Domanda, per la (Nuova) Industrializzazione Edilizia è tutta da creare, di là di una convegnistica abbastanza vivace.
Naturalmente, la maggiore incognita consiste nelle relazioni che intercorrono tra Rigenerazione Urbana, Agile City e «Metodi Moderni».
Nello sfondo insistono, ovviamente, gli interventi (o i micro-interventi) sul costruito, a cominciare da quelli relativi all'efficienza energetica e al miglioramento sismico, nonché la questione della «sostituzione edilizia», cioè della demolizione e ricostruzione.
 
Benché non manchino soluzioni, provenienti da altri Paesi, dotati di diverse caratteristiche del patrimonio immobiliare, inerenti alla applicazione della (Nuova) Industrializzazione Edilizia agli interventi sull'esistente, il tema resta assai problematico, anche se, ancora una volta, le sperimentazioni della CECA degli Anni Sessanta sul «rinnovamento» (della ristrutturazione e della riabilitazione) dei beni immobiliari hanno, anche discutibilmente, funto da preludio per la stagione dei «centri storici», del recupero, della riqualificazione e del riuso, non proprio improntata a criteri di origine manifatturiera: semmai tesa a un confronto critico colla metodologia strettamente conservativa, ma entro orizzonti da «tradizionale evoluto».
Non vi ha dubbio che, alla scala edilizia, i casi di più diretta pertinenza «manifatturiera», per così dire «meccanica», più che ai sistemi costruttivi «a secco» legati agli edifici residenziali tesi alla produzione, anziché al consumo, di energia, pertengano agli edifici terziari, e, in particolare, alle facciate continue e alla carpenteria metallica.
 
Oltre l'ipotesi della demolizione, che restituirebbe il brown al green field, praticabile in determinati contesti urbani di area consistente (sufficiente, tuttavia, a garantire volumi di produzione sufficienti?), occorre domandarsi secondo che modalità l'Off Site possa declinarsi nella fattispecie delle pre-esistenze.
Non per nulla, per la nuova costruzione, l'ipotesi avanzata prevede che i componenti unitari siano uniformi (normalizzati), ma combinabili univocamente (interoperabili) non solo all'interno di una tipologia edilizia, ma tra più di una di esse.
Tra l'altro, al netto della esigenza di legittimare culturalmente ed economicamente l'abbattimento, l'intervento sul costruito inevitabilmente si concentra su di esso, sulle caratteristiche tangibili dello stesso, mentre, come si è illustrato, il Settore dell'Ambiente Costruito, imperniato sulla «esperienza» e sul «servizio», dovrebbe vertere fondamentalmente sulle componenti immateriali della «fruizione culturale» del bene (individualmente e contestualmente considerato), un argomento balzato agli onori della ribalta in occasione dei primi casi di Partenariato Pubblico Privato applicati ai beni culturali immobiliari, a un mercato, cioè, assai distante da quello qui considerato, ma non per questo avulso dal presente ragionamento, per quanto non ci si azzardi a discorrere, almeno in questa sede, di Off Site Manufacturing for the Built Cultural Heritage.
Certo, però, che opere di grande rilevanza culturale, andate distrutte, sono state ricostruite con elementi prefabbricati, senza contare le riproduzioni nei parchi di divertimento.
La relazione di contemporaneità tra il «rilievo digitale» dell'esistente e la produzione manifatturiera versatile degli elementi da «rimpiazzare» o da «aggiungere» è, in effetti, ormai parte integrante del metodi e duplica, per così dire, la mass customization.
 
In tutti i casi, i Modern Methods of Construction ambiscono sempre più a essere presenti non solo nella General Construction, ma pure nella Civil Engineering.
Come ripetutamente affermato, saranno questi metodi anche «contemporanei» oppure si limiteranno a una «modernità» sempre rimandata?
Come rileva Brink, «clients now expect their homes, offices, commercial buildings and infrastructures to be part of their "connected lives." For instance, buildings need to be more and more individualized, modular and connected to the Internet of Things, and they need to allow for specific performance tracking, optimization of energy and improved security and health parameters».