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Il regolamento edilizio tipo del decreto Sblocca Italia: la montagna ha partorito il topolino

Siamo sicuri che il Regolamento Edilizio Tipo risponderà alle grandi attese di semplificazione?

Da dove nasce il regolamento edilizio tipo

Come nasce il regolamento edilizio unicoCon provvedimento del 20 ottobre 2016 (GU n.268 del 16-11-2016) della Conferenza unificata Stato-Regioni presso la presidenza del Consiglio dei ministri è stato approvato lo “Schema di regolamento edilizio tipo” previsto dall'articolo 4, comma 1-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380 meglio noto come “Testo unico dell’edilizia”. Lo schema di regolamento è corredato di due allegati:

A) contenente un “Quadro delle definizioni uniformi” in materia di edilizia;

B) recante una “Ricognizione delle disposizioni incidenti sugli usi e le trasformazioni del territorio e sull’attività edilizia”.

Il citato “art.4, comma 1-sexies” è stato introdotto recentemente nel T.U. Edilizia dall’art.17-bis della legge 11/11/2014, n.164 che ha convertito in legge il Dl n.133/2014 recante “Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività' produttive”.

L’idea quindi di un regolamento edilizio unico per tutti i comuni italiani non ha motivazioni di ordine urbanistico o edilizio ma è legato alla necessità di introdurre misure per garantire l'approvvigionamento energetico, favorire la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali, conseguire una semplificazione burocratica e, infine, il rilancio dei settori dell'edilizia e immobiliare. 

Il testo introdotto così recita:

«1-sexies. Il Governo, le regioni e le autonomie locali, in attuazione del principio di leale collaborazione, concludono in sede di Conferenza unificata accordi ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per l'adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo, al fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti. Ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, tali accordi costituiscono livello essenziale delle prestazioni, concernenti la tutela della concorrenza e i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il regolamento edilizio-tipo, che indica i requisiti prestazionali degli edifici, con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico, è adottato dai comuni nei termini fissati dai suddetti accordi, comunque entro i termini previsti dall'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni».

Si tratta di un testo poco chiaro nella forma e nei contenuti sia perché, secondo la migliore tradizione legislativa italiana, riporta continui rimandi ad altre leggi e sia perché, soprattutto, non esplicita a quale “idea” di regolamento edilizio faccia riferimento. Bisogna ricordare, infatti, che mentre il “vecchio” art. 33 della legge urbanistica fondamentale n.1150/1942 definiva chiaramente i contenuti del regolamento edilizio, l’art.4 del T.U. del 2001, molto laconicamente, fa un generico riferimento alla “disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi”.

La genericità del contenuto dell’art. 4 del T.U. del 2001 va messa in relazione al trasferimento alle regioni della competenza in materia urbanistica, a suo tempo attuato col DPR n.8 del 15/1/1972. A seguito di tale trasferimento diverse regioni hanno ritenuto dover legiferare anche in materia di regolamenti edilizi, adottando due linee diversificate.

Alcune hanno optato per la redazione di un R.E. regionale tipo, eventualmente integrabile e modificabile dai comuni a seconda delle specifiche peculiarità del tessuto urbano. Altre hanno optato per la redazione di apposite linee-guida, strumento più flessibile del classico R.E. tipo. Altre ancora hanno fatto un semplice rinvio, esplicito o implicito, all’art.33 della L.U. del 1942.

Nel corso degli anni, quindi, il Regolamento edilizio ha assunto una veste notevolmente diversificata da luogo a luogo, spaziando dalla semplice incorporazione, spesso acritica, di interi testi normativi statali e/o regionali, alla regolamentazione di nuovi aspetti del paesaggio urbano, quali distributori di carburanti, la collocazione di antenne satellitari e ripetitori della telefonia mobile, la collocazione di targhe e insegne, la segnaletica turistica, la piantumazione e il verde pubblico, ecc., sovente adottando appositi regolamenti di settore separati dal Regolamento edilizio.

Altrettanto spesso, però, il Regolamento edilizio è stato un semplice strumento rituale, molto attento alle procedure ma poco o per nulla attento alla sostanza della qualità della progettazione edilizia con riflessi alla qualità urbana.

In questo contesto così articolato si inserisce quindi, piuttosto confusamente, l’idea di un Regolamento edilizio-tipo nazionale, del quale non sono ben chiari i contenuti ed i limiti. 

Che si tratti di un testo poco chiaro e dai contenuti non ben definiti è anche confermato dalla eterogeneità dei commenti che si sono succeduti all’indomani dell’emanazione della legge.

Vi è chi l’ha visto come una norma di semplificazione e sburocratizzazione, idonea a superare l’ostacolo prodotto alla competitività del processo edilizio dalla babele di regole procedurali prodotta non solo dalla stratificazione di leggi statali e regionali ma anche dagli oltre 8000 regolamenti edilizi vigenti. La norma verrebbe quindi incontro alle richieste delle imprese e dei professionisti dell’edilizia che lavorano sul mercato di più comuni e che devono misurarsi con regole, procedimenti ed interpretazioni diverse delle medesime regole . Dimenticando che il tema delle “procedure” non è minimamente presente nel testo dell’art. 1-sexies introdotto nel T.U. edilizia.

Altri l’hanno visto come uno strumento atto a promuovere una rigenerazione urbana sostenibile. Partendo dalla considerazione che quasi tutti i regolamenti edilizi oggi vigenti sono stati redatti nell’ottica della nuova edificazione, il regolamento tipo dovrebbe essere rivolto al riuso, alla rigenerazione urbana sostenibile ed alla riduzione del consumo di suolo .

Altri, ancora, l’hanno visto come uno strumento atto a promuovere l’abbattimento dei consumi energetici, la manutenzione e la sicurezza degli edifici, finalità -solo quest’ultima- espressamente riportata nell’articolato di legge ma che si scontra con la specifica normativa statale di settore .

Non è mancato chi si è posto il problema pratico della uniformità delle terminologie in quanto queste hanno incidenza sugli esiti qualitativi e quantitativi delle costruzioni .

Infine su iniziativa di Legambiente, che dal 2008 -in collaborazione col CRESME- analizza i regolamenti edilizi dei comuni ai fini della sostenibilità energetica, è stato redatto un documento propositivo che, partendo dall’analisi di 1.182 Regolamenti “sostenibili”, ha avanzato una serie di proposte per spingere efficienza energetica e semplificazione nel redigendo Regolamento edilizio unico. 

Su di un argomento così ghiotto non poteva mancare l’interessamento della stampa quotidiana, dove è stata messa ancora una volta in evidenza la presunta anomalia degli 8.000 regolamenti e delle differenze procedurali ed in termini di standard abitativi tra comune e comune.

Da queste brevi note appare già evidente come non ci sia uniformità di vedute in merito a contenuti e funzione del regolamento edilizio. Sulla base di un testo per nulla chiaro, ognuna delle parti interessate ha cercato di mettere in evidenza l’aspetto che più la interessava, incrementando così la “cortina fumogena” che avvolge il Regolamento edilizio.

Regolamento "tipo" o "unico"?

Quello che accomuna la maggior parte dei commenti è la confusione concettuale sul “prodotto” che dovrebbe scaturire dall’intesa stato-autonomie: il testo della legge parla di regolamento edilizio “tipo” ma in molti commenti si trova la dizione di regolamento edilizio “unico”, ritenendo, forse, i due termini dei sinonimi . 

Così non è. Ricordando la ormai storica differenza tra “tipo” e “modello” in architettura, nella quale

“La parola tipo non rappresenta tanto l’immagine d’una cosa da copiarsi o da imitarsi perfettamente, quanto l’idea d’un elemento che deve esso stesso servire di regola al modello.

(…) 

Il modello, inteso secondo l’esecuzione pratica dell’arte, è un oggetto che si deve ripetere tal qual è; il tipo è, per lo contrario, un oggetto secondo il quale ognuno può concepire delle opere che non si assomiglieranno punto tra loro. Tutto è preciso e dato nel modello; tutto è più o men vago nel tipo”.  

Risulta evidente, dall’analisi dei commenti, come coloro che hanno fatto uso del temine “unico” abbiano avuto come riferimento l’idea di “modello” da ripetersi identicamente per tutti i comuni.

Da notare che questa confusione è stata anche alimentata da documenti del governo, nei quali sotto la voce “Regolamento edilizio unico” si fa espresso riferimento alla “predisposizione di uno schema tipo di regolamento edilizio che vada a sostituire i regolamenti edilizi ora in vigore, semplificando e uniformando le procedure edilizie” .

La confusione (di idee e finalità) è poi risultata di palese evidenza dalla richiesta, avanzata dal Governo alla Rete delle Professioni Tecniche, di un contributo volto a creare un elenco di vetuste norme vigenti che hanno influenza sull’edilizia che sarebbero quindi da modificare, abrogare o innovare. Ma qualcuno dovrebbe pur spiegare in che rapporto si pongano delle norme di rango superiore con un regolamento edilizio “tipo”.

Al di là dei commenti, a volte “estemporanei”, manifestati nelle diverse occasioni, così come sono stati sopra sintetizzati, il testo del nuovo comma è stato oggetto di analisi più dettagliate sia sotto il profilo giuridico che sotto quello urbanistico-edilizio.

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