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Ricostruzione post-sisma: scatta la regolarizzazione edilizia per case e siti produttivi. I dettagli

La commissari straordinaria per la Ricostruzione De Micheli, assieme alle regioni terremotate, ha definito un pacchetto di norme che promettono di risolvere i vari problemi legati alla ricostruzione privata

Non è ancora decollata, la ricostruzione post-sisma nelle regioni Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo. Perché? In fondo, l'ordinanza di riferimento n.46 del commissario straordinario è datata 10 gennaio, ma il problema è che tantissime domande che non arrivano allo sportello, perché i professionisti, anche nei casi dubbi, scelgono di non asseverarle.

Il collo di bottiglia principale si chiama "difformità", il cui sinonimo è in molti casi "irregolarità", più o meno grave. E in molti altri casi indica un vero e proprio abuso, edilizio, urbanistico, ambientale o di mancato rispetto delle norme sismiche. Pare che queste difformità arrivino addirittura, in certe regioni, al 90% dell'edificato da ricostruire. Esempi? Di tutto un po': si va dal tramezzo spostato alla finestra allargata, dalla nuova stanza aggiunta fino al terrazzo o alla veranda.

Per questo la struttura commissariale (di cui fanno parte, oltre a Paola De Micheli, anche i presidenti delle quattro regioni colpite dal sisma Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo) ha definito un pacchetto di norme che promettono di risolvere i vari problemi.

Le norme sono state illustrate - come anticipato dalla rivista Edilizia&Territorio de IlSole24Ore - la scorsa settimana la commissaria De Micheli ai rappresentanti parlamentari delle quattro regioni, appartenenti ai partiti di Forza Italia, Fratelli d'Italia, M5S, Pd e Lega. Questa settimana saranno illustrati alle parti sociali, cioè imprese e sindacati. Del pacchetto fanno parte anche varie proroghe di termini in scadenza.

Peccati veniali e doppia conformità

La maggior parte delle irregolarità rappresentano "peccati veniali" sotto il profilo edilizio (modifiche interne all'abitazione, spostamento di una porta), che però diventano gravi se l'immobile è situato in un'area a vincolo paesaggistico. Ciò si amplifica se il peccato riguarda edifici che devono essere in linea con le norme sismiche.

Poi c'è la questione "doppia conformità", che riguarda tutti gli interventi edilizi realizzati in passato, per la cui regolarizzazione è normalmente richiesta sia la conformità alle varie norme urbanistiche, edilizie, ambientali e sismiche in vigore all'epoca dell'intervento, sia la conformità alle norme in vigore nel momento in cui si chiede la regolarizzazione. Anche in questo caso, le procedure per le domande di contributo hanno fatto emergere che quasi mai il proprietario è in grado di dimostrare di essere in regola.

Le soluzioni proposte

  • regolarizzazione delle casette d'emergenza, autocostruite oppure autoprocurate, con ampiamento della possibilità di regolarizzazione delle casette mobili temporanee abusive;
  • smaltimento delle pratiche di condono edilizio: prevista una procedura super accelerata da seguire da parte dei comuni per la chiusura dei percorsi di condono passati (1985, 1195, 2003), consentendo ai comuni di chiudere le procedure per le quali in molti casi è stata pagata anche la sanzione
  • cancellazione della doppia conformità, nel caso degli interventi realizzati nel passato: sullo specifico tema delle difformità rispetto alle norme sismiche, è inoltre previsto un intervento di regolarizzazione chirurgica delle difformità strutturali non ancora sanate o sanabili dalle norme precedenti;
  • ampliamento volumetrico fino al 20%: la norma è limitata esclusivamente ai 138 comuni dei cratere e per chi intende approfittare del piano casa, non avendone approfittato in passato e consente di fatto di regolarizzare ampliamenti volumetrici fino al 20%;
  • proroghe varie: tra i vari differimenti, tutte le scadenze fiscali (bollette, canone Rai, Imu, Tasi) e la proroga al 31 dicembre 2018 per le domande di contributo per le riparazioni di edifici con danni lievi (tipo B). Si è pensato anche alle riparazioni di edifici con danni lievi che si trovano nelle aree in cui i comuni hanno chiesto di intervenire con i piani attuativi (concessi ulteriori 120 giorni per le domande) e la proroga dello stato di emergenza (fino al 31 dicembre 2018).