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Reati paesaggistici: ecco il preciso confine tra ampliamento e nuova costruzione

La Cassazione sancisce un principio interpretativo in materia di reati paesaggistici disciplinati dall'art. 181 del d.lgs. 42/2004, nel testo attualmente vigente a seguito della censura della Corte Costituzionale

Occhi puntati sulla recentissima sentenza penale 16697/2018 del 16 aprile della Corte di Cassazione (disponibile nel file allegato), che - di fatto - precisa i criteri valutativi degli interventi di ampliamento e nuova costruzione ai fini della qualificazione contravvenzionale o meno delle fattispecie previste dall'art.181 del d.lgs. 42/2004.

La sentenza tiene conto anche della censura operata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 56/2016, che ha eliminato l'originaria distinzione tra abusi realizzati su immobili dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento (originario comma 1-bis lett. a), ovvero vincolati per legge (ex art. 142) consistenti in aumenti di volume superiore al 30% di quello preesistente o, in alternativa, superiore a 750 mc, ovvero una nuova costruzione con volume superiore a 1.000 mc (comma 1-bis, lettera b).

Il caso 

Secondo la Cassazione, che nella specie ha giudicato inammissibile un ricorso contro una sentenza di condanna per reati paesaggistici, la Corte di appello, in sede di procedimento di esecuzione, ha adeguatamente motivato, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, con la corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa corte di Cassazione come il reato configurabile sia il  delitto di cui all'art. 181, comma 1 bis, d.lgs. 42/2004, come originariamente contestato, anche dopo l'intervento della Corte Costituzionale, 11 gennaio - 23 marzo 2016 n. 56, che ha dichiarato incostituzionale parte dell'art. 181, comma 1 bis, del d.lgs. 42/2004 (jus superveniens, vedi Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014 - dep. 14/10/2014, P.M. in proc. Gatto, Rv. 260695); l'art. 181, comma 1 bis, dopo l'intervento della Corte Costituzionale risulta applicabile ora solo per i lavori "che abbiano comportato un aumento dei manufatti superiori al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore ai settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi".

L'ordinanza impugnata con motivazione completa e logica evidenziava come, nel caso in esame, il volume realizzato oltre al consentito, era superiore del 30%, come richiede il nuovo assetto normativo, dopo la decisione della Corte Costituzionale. Il ricorrente contestava la definizione del volume rilevante ai fini paesaggistici, contenuto nel provvedimento impugnato, ma in modo del tutto generico. 
 
Inoltre il volume, e la stessa nozione di superficie, ai fini paesaggistici, come esattamente ritenuto nell'ordinanza della corte di appello impugnata, prescinde dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e si deve considerare l'impatto dell'intervento edilizio sull'assetto paesaggistico originario del territorio, e quindi qualsiasi volume, o superficie, viene certamente in rilievo: "Agli effetti della valutazione di compatibilità paesaggistica, il cui esito positivo determina la non applicabilità delle sanzioni penali previste per i reati paesaggistici dall'art. 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la nozione di superficie utile di cui al comma primo-ter, lett. a), della richiamata disposizione, dev'essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio. (In motivazione la Corte, in una fattispecie relativa all'abusiva realizzazione in zona vincolata di una veranda, di due locali seminterrati e delle scale necessarie per raggiungerli, ha precisato che la "sanatoria" paesaggistica va esclusa in tutti i casi in cui la creazione di superfici utili o di volumi, ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati, sia idonea a determinare una compromissione ambientale)" (Sez. 3, n. 889 del 29/11/2011 - dep. 13/01/2012, Falconi e altri, Rv. 25164101). 
 
In definitiva: per il ricorrente, la demolizione del fabbricato con ricostruzione del nuovo corpo di fabbrica doveva ritenersi nuova costruzione e non ampliamento, con l'applicazione, quindi, del criterio valido per le nuove costruzioni (una volumetria, cioè, superiore ai mille metri cubi). 
 
Ma la Cassazione evidenzia che l'impatto sul territorio precedente (con la demolizione del fabbricato) e quello successivo (con la costruzione di un organismo edilizio in luogo del vecchio fabbricato) sono diversi e deve valutarsi ai fini della considerazione del reato (delitto o contravvenzione) se i lavori abbiano comportato un aumento dei manufatti superiori al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore ai settecentocinquanta metri cubi, e non già di mille metri cubi. Ciò perché i 1000 metri cubi sono esclusivamente per i nuovi (nuovi da zero) fabbricati, ovvero per le costruzioni non esistenti sul terreno in precedenza. 
 
In definitiva, ecco il principio di diritto affermato dagli ermellini:
 
"agli effetti della valutazione del reato, se contravvenzione o delitto di cui all'art. 181 bis, d.lgs. 42/2004, come risultante dall'intervento della Corte Costituzionale, 11 gennaio - 23 marzo 2016 n. 56, l'analisi della
volumetria deve essere individuata prescindendo dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica e considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio. Quindi:
  • se sul terreno era preesistente una costruzione (anche se demolita del tutto, come nel caso di specie) deve considerarsi se la superficie abbia comportato un aumento dei manufatti superiori al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore ai settecentocinquanta metri cubi;
  • per le nuove costruzioni (nuove da zero, ovvero su terreni in precedenza senza nessuna costruzione) deve considerarsi se abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi.

La norma sanzionatoria

Ricordiamo, per completezza di informazione, che la norma sanzionatoria di cui trattasi, in caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa, contiene - dopo il sopracitato intervento della Consulta- l'originaria previsione residuale di cui al primo comma dell'art. 181, applicabile a tutte le fattispecie cd. "minori" e che rinvia alle pene previste dall'art. 44, lettera c), del dpr 380/2001 (arresto fino a due anni e ammenda da 30.986 a 103.290 euro) e l'emendato comma 1-bis, che dispone - per gli interventi definibili "di maggior impatto"-, la reclusione da 1 a 4 anni qualora i lavori abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a 750 metri cubi, ovvero abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai 1.000 metri cubi.
 

Il nuovo delitto di alterazione del paesaggio 

Riassumendo: il delitto oggi previsto dal comma 1-bis dell'art. 181 d.lgs. 42/2004 risulta circoscritto agli abusi materiali che superano i limiti volumetrici ivi indicati, mentre tutte le altre fattispecie conseguenti a interventi abusivi ricadenti su beni tutelati per decreto o per legge (siano esse non determinabili in termini di superfici o volumi ovvero non ancora definite sotto tali aspetti, come ad esempio le trasformazioni territoriali quali lo sbancamento, terrazzamento o riporto di parti di territorio, ecc.), saranno soggette alla contravvenzione meno severa di cui al primo comma dell'art. 181 (che ora ricomprende anche le casistiche a suo tempo ricomprese nel comma 1-bis).
 
Questo trasferimento di fattispecie (dal delitto ex comma 1-bis alla contravvenzione ex comma 1) non rileva solo ai fini dell'entità delle sanzioni, ma anche per tutti gli altri istituti codificati nel medesimo art. 181, in primis alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna (cfr. comma 1-quinquies), ovvero ai casi di presentazione di istanza per l'accertamento della compatibilità paesaggistica ex art. 167 (cfr. comma 1-ter).
 
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