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Vano ascensore: non serve permesso di costruire e non contano le distanze

Tar Abruzzo: il vano ascensore è un volume tecnico non necessitante del permesso di costruire e non soggetto al rispetto del regime delle distanze

L'ascensore, così come tutte le costruzioni serventi alle condotte idriche, termiche etc. dell'edificio principale, rientra fra "i volumi tecnici o impianti tecnologici" strumentali alle esigenze tecnico funzionali dell'immobile e pertanto non necessita del permesso di costruire.

Lo ha ricordato il Tar Abruzzo nella sentenza 134/2018 dello scorso 9 aprile (disponibile nel file allegato), che ha accolto il ricorso di una società contro il diniego di rilascio del parere urbanistico richiesto per la realizzazione di una piattaforma elevatrice a servizio di un fabbricato adibito a ricettività turistica, e della nota che comunicava alla società che i lavori inerenti la realizzazione di tale piattaforma dovevano ritenersi eseguiti in assenza del titolo abilitativo e quindi abusivi.

Il ricorso

Secondo la ricorrente, in primis è rrilevante il mancato rispetto della distanza minima di 5 metri dal confine di proprietà imposto dal regolamento comunale approvato con delibera C.C. n.4/2006 poiché il vano ascensore di cui si discute non è definibile come costruzione e quindi non assoggettabile alla disciplina delle distanze legali.

Ciò perché l'ascensore viene espressamente considerato come un elemento che deve essere necessariamente previsto dai progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici ovvero per la ristrutturazione di interi edifici. Anche la giurisprudenza amministrativa ha qualificato come "volume tecnico" l'incremento volumetrico destinato ad ospitare un impianto di ascensore, data la sua finalità tesa ad eliminare le barriere architettoniche (cfr C.d.S. 5.12.2012 n.6253). Il locale regolamento edilizio, tra l'altro, ha espressamente incluso i locali motore ascensore tra i vani accessori esterni agli alloggi unitamente ai vani scala, alle centrali elettriche, ed agli altri locali di servizio tecnico. (cfr art. 7 del reg.), così come espressamente previsto anche per i balconi aperti, le pensiline, le scale esterne a sbalzo.

La decisione del TAR

La nozione di "volume tecnico", non computabile nella volumetria ai fini in questione, corrisponde a un'opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché è destinata solo a contenere, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico funzionali della medesima.

In sostanza, si tratta di impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che non possono essere in alcun modo ubicati all'interno di questa, come possono essere – e sempre in difetto dell'alternativa – quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale ( cfr sulla nozione di “volume tecnico” ex plurimis C.d.S. sez. VI 31.03.2014 n.1512; id. 8.05.2014 n.2363; id. 21.01.2015 n.175). L'inquadramento del vano ascensore quale volume tecnico esclude pertanto la necessità di un suo assoggettamento al previo rilascio di permesso di costruire.

Quanto al rispetto della normativa sulle distanze in un caso analogo al presente, nella pronuncia n. 6253 del 15.12.2012 il Consiglio di Stato, nel riformare un precedente di segno contrario di questo T.a.r. Abruzzo-Pescara n.87/2012, ha chiarito che: "nell'interpretazione dell'eccezione alla regola del rispetto delle distanze posta dall'ultima parte del comma 2 dell'art. 79, d.P.R. nr. 380 del 2001, non può prescindersi dal tener conto dell'inserimento della norma - come già rilevato - all'interno della disciplina volta all'eliminazione delle barriere architettoniche nell'interesse dei soggetti portatori di handicap. Ciò rileva non solo e non tanto ai fini di un astratto bilanciamento di interessi, quanto soprattutto nell'accezione da dare a locuzioni ed espressioni tecniche impiegate dal legislatore, quali quella di "spazio o area di proprietà o di uso comune", le quali non possono essere recepite in un'ottica strettamente civilistica, ma vanno calate nell'ambito della normativa tecnica esistente in subiecta materia". Sotto tale profilo è stato ritenuto illegittimo il diniego di rilascio del permesso di costruire per il mancato rispetto delle distanze di cui all'art. 873 cod. civ., applicandosi in ogni caso la deroga di cui all'ultima parte del comma 2 dell'art. 79, d.P.R. nr. 380 del 2001.

Pertanto, in assenza di spazi o aree di proprietà comune, la distanza minima da mantenersi è di tre metri in quanto il richiamo all'art. 873 cc deve intendersi riferito solo alla sua prima parte con esclusione delle previsioni dei regolamenti locali.

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